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“Il contratto” – Commento di Bruno Elpis
Marco Vichi, affermato scrittore di gialli e padre del commissario Bordelli, ne “Il contratto” propone un gradevole ‘racconto lungo’ (95 pagine) che fa il verso al Faust di Goethe e di Marlowe. E rivisita in chiave contemporanea e mefistofelica il tema del successo e dei compromessi che devono essere attuati per ottenerlo.
L’incipit si svolge in una festa ove un aspirante scrittore, forse un po’ alticcio, provoca una baruffa con il pianista improvvisato (“Finalmente quei debosciati si divertivano un po’, in mancanza dei cristiani mangiati dai leoni”).
Dopo una nottata agitata, gli viene prospettato un accordo – il patto con il diavolo! – che ha per oggetto la redazione di una “Divina commedia” al contrario: “… l’Inferno si sarebbe diviso in quattro buche profonde ricolme di piacere … il duca mio, apparso per guidarmi lungo le vie della verità e dunque per salvarmi dal tedio del Paradiso, sarebbe stato Leopardi …” Lo scrittore in cambio avrà “fame & fortune and everything that goes ...” (per utilizzare un verso di “We are the champions” dei Queen).
I committenti sono “gli Uffici”, personificati da un direttore che “aveva la faccia pallida e affilata, e due occhi neri da femmina”, un’assistente sexy di nome Vanessa (!), due repellenti creature: Zabulon e Abandon.
Il prodotto è un’opera in endecasillabi, tutta da gustare, stimolata da un desiderio basilare: “La creazione poetica e il desiderio di accoppiarmi per l’eternità con qualche valchiria mi avevano succhiato l’anima”.
Lo stile è ironico e accattivante, ricco di riferimenti culturali e di allusioni immediatamente fruibili (“Chi diavolo sarà a quest’ora?”, si chiede lo scrittore prima di aprire la porta!).
Bruno Elpis
Indicazioni utili
A chi ha letto la Divina Commedia...
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Una piacevolissima lettura anche per me