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La chimera
 
La chimera 2008-09-10 07:15:37 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    10 Settembre, 2008
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Il passato per conoscere il presente

Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla; magari laggiù, un po’ a sinistra e un po’ oltre il secondo cavalcavia, sotto il «macigno bianco» che oggi non si vede. Nel villaggio fantasma

di Zardino, nella storia di Antonia. E così ho fatto. (dalla Premessa)



Sebastiano Vassalli è un autore che scrive del passato, grazie a un meticoloso lavoro di ricerca storica, ma che ha lo sguardo sempre rivolto al presente.

Un chiaro esempio è dato da La chimera, libro di notevole valore, forse il suo più riuscito.

E’ una storia ambientata nel ‘600, in un paese, Zardino, che non esiste più (Dalle finestre di questa casa si vede il nulla). Un fatto realmente accaduto, il processo a una presunta strega che si conclude con la sua condanna al rogo, sono solo il pretesto per un esame più approfondito di una società tanto lontana nel tempo da apparire quasi irreale, ma purtroppo vera, una composita umanità schiava dei potenti e della Chiesa, ma prima ancora prigioniera di se stessa, delle sue paure, delle sue insicurezze.

E’ un ritorno al passato per svelare caratteristiche che ritroviamo purtroppo nel presente (dal Congedo: Continuarono tutti a vivere nella gran confusione e nel frastuono di quel loro presente che a noi oggi appare così silenzioso, così morto, e che rispetto al nostro presente fu soltanto un po’ meno attrezzato per produrre rumore, e un po’ più esplicito in spietatezze…Infine, uno dopo l’altro, morirono: il tempo si chiuse su di loro, il nulla li riprese; e questa, sfrondata d’ogni romanzo, ed in gran sintesi, è la storia del mondo).

La vicenda, di per sé non rara e nemmeno eclatante, assume così una veste profetica che proietta sul mondo attuale una visione di un presente desolante, privo di valori, senza speranze, in una visione nichilista, però non tanto da scivolare nel cinismo.

Il romanzo, pur fra tante, ma necessarie, divagazioni è scritto in modo esemplare, in un italiano di rara bellezza, con descrizioni soffuse a volte di una appena accennata vena poetica, finendo con il far emergere dal nulla, dalla nebbia caliginosa dell’oblio un mondo che ignoravamo.

Resta il perché del titolo. Come mai questo richiamo all’essere mostruoso e inesistente della mitologia greca?

Le ultime righe del Congedo sono al riguardo esaustive:

“Colui che conosce il prima e il dopo e le ragioni del tutto e però purtroppo non può dircele per quest’unico motivo, così futile!: che non esiste.”

Ovviamente tutto è opinabile nei confronti con la fede, che supera ogni razionalità, ma in questo concetto, in questa visione atea rientra anche l’analisi di una Chiesa che, almeno in quell’epoca e relativamente alla vicenda raccontata, sembra composta da pochi fanatici veramente credenti e da molti invece tesi più a privilegiare la vita terrena, compiendo anche abusi e nefandezze. In questo contesto le figure del vescovo Bascapè, religioso fervido che vorrebbe tutti dediti anima e corpo alla fede, ma il cui credo comincia a vacillare, e il giovane don Teresio, fanatico oltre ogni misura, ma legatissimo ai beni terreni, tanto da vessare i suoi parrocchiani con continue richieste di regalie, finiscono con il diventare le due facce di una stessa medaglia: la Chiesa.

L’impressione che si ritrae è che gli uomini in abito talare finiscano con connotare in eccesso i difetti di tutti gli altri, una sorta di insoddisfazione che li divora, rendendoli al tempo stesso carnefici e vittime di se stessi.

Stranamente gli unici due personaggi che nella loro apparente semplicità emergono positivamente sono il camparo Maffiolo, dignitoso vecchio soldato che riesce perfino, senza averne conseguenza, a dire la sua all’Inquisizione, e il boia Sasso, la cui pietà impedirà alla strega di morire fra atroci dolori.

Ne consiglio vivamente la lettura.

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