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Un'ombra per davvero
Mai titolo più azzeccato per un romanzo simile. In senso negativo, ovviamente.
Mi spiego: il fulcro della storia dovrebbe (e ripeto “dovrebbe”) essere la perfetta quanto struggente simbiosi tra la straordinaria Artemisia Gentileschi e Jenny, attrice dei nostri tempi e interprete della pittrice nel film che sta girando, legate indissolubilmente dal fatto di essere state violentate, e ciò si dovrebbe avvertire soprattutto in Jenny che, oltre ad aver subito violenza, deve anche interpretarla sul grande schermo.
Avrei forse scritto codeste parole se tale contenuto vi fosse?
Perché qui Artemisia è un’ombra in tutto e per tutto, una macchietta e poco altro, viene trattata quasi come se non fosse esistita realmente, come un personaggio immaginario. Le sue emozioni tratteggiate in modo approssimativo, il suo contesto storico completamente dimenticato e non arricchito.
Non sono riuscita a percepire questo tanto esaltato connubio spirituale caratterizzato da parole vuote e semplicemente inchiostrate, incapaci di suscitare qualche emozione.
Nemmeno Jenny è stata ben caratterizzata: per tutta la durata del libro non fa altro che ripetere come una macchinetta le battute del film o andare al processo del crimine compiuto a suo danno senza svolgere alcunché di significativo.
Non c’è quasi nessun momento di vita quotidiana che permetta di comprendere che tipo di persona abbiamo davanti, esattamente come tutti i personaggi di contorno, mille volte più insignificanti o stereotipati della protagonista: il produttore cattivone “tutto soldi e niente cuore”, il regista-pesce lesso innamorato dell’attrice, l’attore pervertito e arrogante, gli squali violentatori che si fingono perbenisti e sono il male in persona, l’avvocato testa di legno che vuole vincere la causa a tutti costi…. Insomma ce ne sono così tanti che si potrebbe metterli insieme e farci un circo dei luoghi comuni.
Poi tutto il resto è il tedio per antonomasia: processi, tribunali, querele, momenti di prove e di recitazione del film sempre tutti uguali fra di loro.
Mi sarebbe piaciuto, inoltre, che fossero state un po’approfondite le tecniche di realizzazione di una pellicola cinematografica: se il libro non avesse detto che gli attori stavano recitando per un film, non ci avrei creduto.
Concludo riportando il pezzo del libro che a mio parere raggiunge il picco dell’assurdità: Jenny, dopo essere stata violentata, si trova in ospedale ridotta peggio di uno straccio, e nella sua stanza irrompe nel nulla un avvocato donna che dice di volerla sostenere nella sua causa giudiziaria perché non capitava da anni di trovare degli stupratori con le mani nel sacco e quindi questa è la sua occasione d’oro.
A parte il fatto che ci dovrebbe (ri-ripeto “dovrebbe”) essere il rispetto per la vittima e lasciarle un attimo di respiro e riflessione per riprendersi e affrontare il trauma, io, trovandomi di fronte una tizia così, mi farei delle domande: ma questa da dove salta fuori? Cosa vuole veramente? E’una trappola? E poi non mi può lasciare in pace?
Probabilmente la congederei con il massimo dell’educazione possibile, farei qualche indagine sul suo conto, ma non mi fiderei subito di lei, non correrei il rischio di accettare così su due piedi.
Secondo voi la protagonista si fa tutti questi scrupoli? A voi la risposta.
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Commenti
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Anch'io pensavo che fosse un buon libro e che non mi avrebbe delusa...
Eheh, a quanto pare mi sbagliavo! Meno male che esistono le biblioteche =)
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