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Per non sentire le stagioni
È per questo che Amaranta mette l’abito, per non sentire e non vedere il fresco e la malinconia della primavera e dell’autunno, per non avere brividi in inverno e calore sulla pelle d’estate: per non soffrire i cambiamenti e le rotture, per non patire quello che hanno patito i suoi, per non ripetere la vita di sua madre. Si ritrova a vivere allora in convento dove l’aria ha la parvenza di essere sempre tiepida, i muri assicurano protezione, le sorelle hanno le voci limpide di chi non è mai disturbato da alcun pensiero, tutte dolcemente intonate’, guidate dalla mano ferma ed esperta della superiora, tipo cuneo metallico che sostiene tutto quanto. Che sembra trovare soluzioni ai turbamenti interiori e assegna compiti e responsabilità alle sorelle per distogliere i pensieri dai dubbi: Amaranta sarà la maestra di una classe della materna, con una dozzina di bambini pieni di 'vita ancora non domata' con cui Amaranta pare non sappia stare.
Poi, da Marcondirondirondello, dal girotondo che è un solo movimento che piano piano avvolge tutti e che la fa partire in un vortice solitario e folle e dalla presenza di Luca dagli 'occhi grandi e deserti' - succede qualcosa.
Il libro si legge in un attimo (purtroppo), un racconto lungo a tratti allucinato, semplice e immediato come tutti i libri di Marco Lodoli. Molto interessante soprattutto nella sua prima parte, quando il peso di Amaranta è ancora tutto interiore, a momenti inconfessato, in altri buttato fuori senza controllo. Poi il bambinetto Luca condurrà la Sorella, con poche parole forse casuali ma che vengono interpretate come ordini, in esperienze ‘fuori’ che le daranno il senso di una fatica universale e la renderanno più robusta, rinvigorita, e l’idea che tutte le cose debbano avere un senso, una benedizione diventerà una cosa reale in grado di produrre un grande cambiamento.