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Il signor Adolfo
La voce narrante è quella di un bambino, mai cresciuto a causa di una malattia precoce. Molto più ingenuo di un bambino normale, irrimediabilmente privo di malizia e di slealtà, lo sguardo del protagonista Gabriele è più straniante di un occhio alieno.
L’altro protagonista del romanzo è un anziano signore tedesco che si chiama Adolfo. Un nome, una storia: dopo i genocidi e le sconfitte del Terzo Reich, ben pochi genitori si azzardano a dare quel nome a un bambino. La personalità del signor Adolfo sembra mantenere le promesse: si tratta di un vecchio nazista, un assassino uscito da poco di galera. Un vecchio demonio, che guarda la vita attraverso le fiamme dell’Inferno.
Il titolo ha tratto in inganno qualcuno, quindi è meglio chiarire che il romanzo non ha niente di blasfemo. Una lettura frettolosa o aberrante è sempre possibile, quindi non mi stupirei (anche se spero di sbagliarmi) se Gabriele e Adolfo si fossero attirati, almeno una volta, l’etichetta di “personaggi stereotipati”. Il nazista feroce e il diverso buono ingenuo non sono certo delle novità, li abbiamo già visti. Ma la storia prende una strada imprevista e ci porta a superare gli stereotipi, anzi a ridurli in frantumi.
Pagina dopo pagina, scopriamo che non bisogna contare troppo sull’ingenuità dello sguardo di Gabriele: quando vuole, non soltanto riesce a capire, ma riesce anche riesce a cogliere più di qualsiasi sguardo “normodotato”. Adolfo è degno del suo nome: violento, cinico, razzista fino al midollo. Eppure, ci sorprende anche lui. No, non si redime, almeno non del tutto. Ma infine, chissà perché, ci scordiamo della sua cattiveria.
L’ironia e la crudeltà, svelate dall’ingenuità di Gabriele, lasciano il segno. Un romanzo molto piacevole, che stimola e coinvolge. Un romanzo che ha meritato diversi premi. E anche queste cinque stelle.
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