Dettagli Recensione
estremi
E’ un libro dalla prosa intensa, dove la scelta stilistica del diario scandisce la tortuosa consapevolezza di una condizione senile che non coincide solo con il privato di un uomo,ma qualifica il tramonto di una civiltà occidentale in balìa dell’insensatezza magmatica delle tante narrazioni possibili. Il personaggio principale di questo lungo racconto sembra così concludere il suo denso percorso esistenziale entro una storicità dai toni apocalittici.
Cruciale si rivela l’incontro con Robert, l’amico malato,l’interlocutore ideale, il coetaneo che, mentre muore, permette al personaggio di cogliere lo strazio di un ammasso corporeo che cede alla violenta insensatezza della malattia. Di forte impatto è inoltre l’incontro-scontro che impegna il protagonista contro gli insetti che invadono la sua stanza dopo che accade la “cosa”, l’evento destabilizzante. Il suo sostare stanco spossato su un letto con una ciabatta in mano ha un taglio cinematografico, è un’ inquadratura densa di significato.Una nota a parte meritano i personaggi femminili.Le donne sembrano percepite come presenze fantasmatiche con cui è impossibile intessere un dialogo, sicché i mutismi i silenzi le cose taciute o sottaciute si affastellano e dominano una relazionalità piuttosto intricata e complessa:così è per Serena, un grumo duro che non si scioglie all’abbraccio del padre, così è per la spirituale buddista, che modula nenie orientali, riappacificandosi con se stessa e con l’intero creato, ma è provvista di una logica disarmante che tronca ogni progettualità di vita dell’anziano protagonista; così è per la direttrice del Residence, in cui alloggia il personaggio,una donna fredda, algida come sembra suggerire il suo stesso cognome dai toni teutonici o per la sciura americana con la sua intolleranza colorita .E freddina è anche Claudine, la giovane donna amata dal protagonista,che palpita per la sorte dell’oscuro pakistano, ma liquida marito e amante con una flemmatica autorevolezza che non ammette repliche.Così preoccupata di far nascere bene il figlio che porta in grembo, frutto casuale e occasionale di un seme maschile non ben identificato.In un’epoca in cui ci si dilania per gli affidamenti della prole, che ci si divora per l’assegnazione degli alimenti,che proliferano blog in cui uomini separati rivendicano il diritto al paternage, la nostra Claudine immemore di tutto, ma non di se stessa e di ciò che vuole, si rifugia in un nido al femminile, interessata all’unica casualità che vuole possedere, ad un “figlio(tutto) suo” E’una donna, che votandosi all’indipendenza, sembra recidere un intero sistema di valori e di consuetudini. Musa di un’intera generazione…o femmina del nuovo millennio…?Da rilevare all’interno dell’asse narrativo è la funzione che svolge l’oceano.L’inizio e la conclusione del lungo racconto lo vedono coprotagonista impassibile.L’uomo sosta di fronte a questa vastità acquatica che gli rimanda il mistero stesso dell’esistenza.Dall’acqua non riaffiora nessuna dea dell’amore,ma un involucro dai tratti umani che si rivelerà, in seguito, essere ciò che resta di una foca, di una creatura in balìa degli eventi così come lo è il nostro protagonista. L’acqua non consola, non risucchia l’uomo nel suo grembo marino, non dà risposte, restituisce solo tracce della crudeltà umana.Su tutto, infine, domina, quasi eletto a nume tutelare del racconto, il quadro di Kirchner, un’esplosione di colori caldi e freddi in cui un anziano uomo cerca di concludere, cocciuto, la scalata necessaria per terminare il suo lungo viaggio.