Dettagli Recensione
Si e no.
La vita di Alessandra non differisce in nulla da quella di qualsiasi altra adolescente borghese: vive in una bella casa, va a scuola in scooter, parla di ragazzi e vestiti con le sue migliori amiche, aspetta con ansia il sabato sera per sfoggiare tacchi e minigonna, trangugiare litri di musica e alcool e magari fare incontri interessanti.
Il flusso rassicurante della quotidianità di Alessandra si incrina quando alla madre viene diagnosticato un tumore incurabile. L’atmosfera si incupisce e veniamo trasportati nell’insondabile terreno dell’attesa, che per quanto amara e logorante possa diventare, è pur sempre l’ultimo baluardo prima del peggio, prima della fine.
E poi inevitabilmente la fine arriva ed Alessandra resta improvvisamente sola.
Sola per scelta.
Il tempo non riporta indietro ciò che si perde per sempre e allora la scuola, il rapporto con le amiche, il rapporto con l'altro sesso inevitabilmente cambia.
Silenzio e solitudine e da qui la scelta di cambiare banco di mettersi accanto a Gabriele. Gabriele detto Zero per il suo non esserci pur essendo presente.
Inizia così l’incursione a Zerolandia, terra straniera, ostinata, a volte impervia, ma l’unica in grado di restituire ad Alessandra la voglia di continuare a lottare per essere felice, anche così, senza una mamma, senza i suoi vecchi amici, senza la più piccola rassicurante certezza. E forse questo percorso diventa migliore se due solitudini diverse decidono di prendersi per mano e di darsi, a vicenda, un’altra possibilità per provare ad esser felici.
“Quando torna la felicità faccio finta di niente. Farò finta di non accorgermi, come uno che può fare senza, che ha imparato e si accontenta. Quando torna la felicità non le dico niente. Farò finta di non vederla e basta”.
Opera prima di Paola Predicatori "Il mio inverno a Zerolandia" si lascia leggere, senza però quel quid in più che l'avrebbe resa un "ottimo esordio". Per arrivare alla fine del romanzo senza restare delusi, bisogna partire dal chiaro presupposto che si tratta di un romanzo per adolescenti.
Allora, così si riesce a perdonare l'utilizzo di un linguaggio decisamente semplice, a tratti povero, l’utilizzo di espressioni forzatamente adolescenziali e qualche sbavatura superflua nella vicenda che tutto sommato però scorre velocemente e abbastanza bene.
Paola Predicatori ha fatto sicuramente un apprezzabile sforzo nel cercare di creare un'opera di formazione, va premiato il coraggio dimostrato nel calarsi in un ruolo per niente scontato e delicato ma qualcosa ancora manca.
Cara Paola, le premesse ci sono, spero di poterti leggere ancora!
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Buona giornata e un bacino!
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