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Può l'istinto paterno andare oltre la comune moral
Due racconti si intrecciano, si sovrappongono, si rimandano per ricongiungersi solo alla fine del libro, in una spirale di segreti che si svela a poco a poco, raggiungendo l’apice nel testamento spirituale contenuto in una misteriosa lettera in carta di riso che si ripresenta spesso nel romanzo.
Una storia racconta il passato di Pietro, un prete giovane che ha cercato di colmare l’assenza del padre entrando a far parte della famiglia di Dio, senza riuscire ad amarlo mai veramente, neanche “di un amore minimo”.
Troverà invece sul suo cammino l’amore della “strega”, una ragazza che ha abortito il figlio del proprio padre.
Questi frammenti del passato interrompono e spiegano l’evolversi degli avvenimenti più recenti, che vedono Pietro sempre protagonista, ma stavolta calato nelle vesti di portinaio di uno stabile milanese, avendo definitivamente abbandonato la nativa Rimini e l’abito talare.
Il libro si richiama al senso di protezione che i padri, naturali o putativi che siano, provano per i figli, tutti coloro che potrebbero essere figli: è lo stesso sentimento che gli elefanti maschi sviluppano nei confronti dei piccoli del branco. Un istinto di paternità che può spingersi fino al sacrificio della propria vita, se necessario.
Missiroli struttura le frasi con una costruzione personale, non sempre eterodossa, ma coinvolgente e veloce,
a volte anche poetica.
Tratteggia con poche parole i suoi personaggi, tanto che alla fine del libro li conosciamo talmente bene che ci sentiamo condomini di Poppi l’avvocato, Viola la moglie fedifraga, Luca il dottore, Sara la figlia, Fernando il ragazzone con qualche problema psichico, la madre di Fernando , e naturalmente, di Pietro.
Missiroli non prende posizione di fronte alle grandi questioni etiche che investono i suoi personaggi. Essi attraversano l’aborto, l’eutanasia, la morte, la malattia, l’infedeltà coniugale, il rapporto con Dio, il suicidio, l’omicidio, semplicemente vivendo. L’autore si limita a raccontare le loro traversie come se tutto questo facesse parte della normalità, e in un certo senso anche nella nostra vita ci imbattiamo spesso, quotidianamente direi, in qualcuna di queste storie.
E’ bravissimo a farci sospendere il giudizio morale, se giudizio ci sentiamo di dare, fino alla fine; leggendo ci interessa solo andare avanti, scoprire come va a finire.
Marco Missiroli, classe 1981, con “Il senso dell’elefante” è stato finalista del premio Campiello e ora fa parte della terna selezionata dal Premio “Città di Vigevano”.
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io ho un debole per Missiroli !
ho trovato stupendo anche "Il buio addosso".
spero sia il vincitore....