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avanzare nella nebbia
“Non sopporto la quiete...mi precipito in posti lontani...fuggo la morte e mi accorgo di correrle incontro.”
Un professore italiano settantenne in un paese straniero, la California, a un decennio dall'attentato dell'11 settembre. Un'atmosfera in cui la paura diviene routine e il presentimento dell'apocalisse si sfilaccia “in un lungo crepuscolo di guerre lontane e malattie sconosciute”. Un regime “democratico” che fa sparire nel nulla i musulmani sospetti. Il professore fa i conti con se stesso, con la propria storia, chiuso in solitudine nella stanza del suo residence affacciato sul vasto oceano. E la stanza si popola di scarafaggi verdi, aggressivi e molesti come pensieri ossessivi, mentre fuori la nube tossica uccide gabbiani, piccioni, foche... le creature che non sono evacuate.
Una possibilità, se non si salvezza almeno di serenità ed equilibrio, è offerta da Claudine, una donna generosa e “leggera”, che invita il narratore a non aver paura, ad avanzare a passi sicuri nell'incertezza nebbiosa della vecchiaia e della morte.
E' questo un libro da leggere d'un fiato e poi rileggere, quasi fosse una lunga poesia in cui ogni parola porta su di sé il senso della totalità. Non è un libro “piacevole”, non è uno di quei libri che si leggono comodamente sdraiati in poltrona o sotto l'ombrellone: è un libro inquieto, eppure appare necessario, proprio perché “spoltrisce” il lettore, lo invita ad interrogarsi e si pone quindi nel solco della maggiore letteratura novecentesca.