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Vivere così senza pietà, senza chiedersi perchè
Il sesso, il male, il bene, il lavoro, le erezioni, l'amore, la tristezza, il cane, l'impotenza, il padre , la madre, le rane, gli amici, la giovinezza, la musica, il dolore.
Tutto questo è nel romanzo di Bianconi. Un romanzo che si muove spavaldo tra gli altalenanti casi della vita umana e ne descrive le gioie (piccole) e le delusioni (grandi) con disincanto e sarcasmo, spesso con quel tocco di sensualità che è proprio di Francesco, un dandy sopravvissuto al cambiamento della moda (vedere Bianconi dal vivo è un pò come ritornare ai tempi di Serge Gainsbourg che canta "Je t'aime moi non plus") e ci pone continuamente dinanzi all'interrogativo cruciale, quello che dà inizio alla canzone "Baudelaire", un'omaggio da parte del gruppo dei Baustelle (Bianconi ne è il cantante) alla poesia, quella vera : " secondo te a che cosa serve vivere? "
Qual è il senso della vita? E' nel lavoro, nel successo, nei soldi, come la società di oggi ci vuol far credere? E' nell'amore, nel sesso? E' nella morte, in quell'ultimo spasimo di un padre, di un cane, di una rana? O, semplicemente, è nello scrivere?
Bianconi non trova la risposta a questa domanda e la cerca attraverso esperienze, luoghi, persone. Ripercorrendo l'itineriario umano e morale del fu Luciano Bianciardi, l'autore di "La vita agra" che lo ha ispirato, Francesco Bianconi ci rende ancora una volta partecipi di un mondo squallido e sporco, quel mondo che ci circonda ma che spesso non vogliamo vedere, sentire, non vogliamo parlarne perchè è più facile così, è più semplice girare la testa dall'altra parte, chiudere gli occhi e comportarsi come "gli Spietati" dell'omonima canzone dei Baustelle, corazzandoci dinanzi alle emozioni vere, "salendo sul treno per non tornare mai più".
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