Dettagli Recensione
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Anche l'ultimo dei poveracci...
Ha bisogno di una storia.
Tutti li chiamano i gemelli.
Alfredo e Beatrice.
Due ragazzini cresciuti insieme, nel tetro mare di cemento di una periferia degradata in un paese dell'Italia centrale non ben identificato. La Fortezza, la città innominata, una sorta di ghetto dal quale è difficile uscire, ma nel quale i protagonisti si sentono anche protetti da tacite leggi non scritte. Qui sorgono enormi palazzoni occupati abusivamente da famiglie di estrazione sociale misera, dove la violenza, la povertà, l’analfabetismo e l’istinto di sopravvivenza la fanno da padroni.
E in questo tragico sfondo c’è questa amicizia profonda e simbiotica che unisce i due protagonisti fino a farli diventare simili persino nelle movenze, nei modi di reagire nei modi di parlare, nei modi di dormire.
Sì perché Alfredo e Beatrice condividono tutto, persino la mamma. Alfredo che una mamma non ce l’ha, ha solo un papà violento e alcolizzato che malmena lui e i suoi fratelli e lo spinge a fuggire da casa. A fuggire in un porto franco, in una gabbia d'orata: il lettone che condivide con Beatrice.
Spartiscono tutto i gemelli, la vita, gli amici, le canne, il dolore, la rassegnazione di essere nati nel posto sbagliato e di non poterne uscire mai. Nemmeno volendo.
“Non lo so, forse era l’ambiente che ci aveva prodotti. Forse ce l’avevamo nel sangue. Forse era la gente che frequentavamo, la noia, la mancanza di obiettivi. La consapevolezza di non poter essere mai niente di diverso, la presa di coscienza che saremmo stati così per tutta la vita. Fuori si susseguivano gli anni e il mondo cambiava. Dentro noi rimanevamo fermi. Non ce l’avevamo un motivo per vivere, non sapevamo darcelo. Lo facevamo e basta.”
Una storia d’amore e d’amicizia, una storia di disperazione e morte, certo non un amore nel senso romantico del termine. Alfredo e Beatrice semplicemente si possiedono. E stare insieme è un'esigenza, è istinto di conservazione.
Semplicemente così deve essere.
Non sembra possibile che sia un romanzo d’esordio. "Il rumore dei passi" è un'opera matura. Matura per una penna che ha solo 28 anni... Valentina D’urbano ha uno stile deciso, essenziale, graffiante, tagliente. Trascina il lettore nella Fortezza, senza alcuna delicatezza: lo ferisce, lo fa commuovere e piano piano lo fa innamorare ed emozionare.
“Il rumore dei tuoi passi” ha per protagonisti due adolescenti ma non è per adolescenti.
A loro preferirei regalare pagine di speranza e possibilità, di coraggio e impegno piuttosto che queste, incentrate sulla resa, sull'impossibilità di cambiamento, sulla morte.
I giovani meritano di credere di avere la possibilità di cambiare il mondo con le proprie forze, piuttosto che arrendersi ancor prima di provarci.
Ai giovani, lasciamoli sognare.
Indicazioni utili
Commenti
5 risultati - visualizzati 1 - 5 |
Ordina
|
Inutile ripeterlo ma ve lo consiglio tanto! :)))
Bella rece, concordo anche io :-D
5 risultati - visualizzati 1 - 5 |