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il mondo visto, ma non salvato, dai ragazzini
Il passaggio di Letizia Muratori dall’Einaudi - con cui ha pubblicato i giustamente celebrati Tu non c’entri (2005) e La vita è altrove (2007) - all’Adelphi è segnato da un libro composto da due racconti del tutto autonomi sia per le coordinate spaziotemporali sia per il sistema dei personaggi, ma congiunti dal filo rosso dell’infanzia e dalla scelta della narrazione in prima persona.
Ne La casa madre, che dà il titolo al volume, ci troviamo nei primi anni Ottanta a Roma. Si racconta di Irene, una bambina che va a scuola dalle suore e condivide con le sue compagne la passione per le Cabbage Patch Kids, bambole in stoffa che arrivano dall’America avvolte in un involucro a forma di cavolo e che costituiscono il fulcro di un rito fantasioso legato alla simulazione della maternità. Nel secondo racconto Il segreto, ambientato in una località balneare del Lazio ai giorni nostri, la voce narrante è quella del piccolo Luca che pensa che le prostitute che esercitano la propria attività nella pineta vicino casa, non sono altro che fate Winx, delle cui storie si nutre come i suoi coetanei.
In una recensione apparsa sullo «Straniero», i temi e le situazioni raccontate nella Casa madre sono stati accostati non a torto, a quelli trattati da 'certi' Moravia o da Fleur Jaggy. A me, leggendo questi due racconti, sono venuti in mente più che altro riferimenti cinematografici, tra cui Il labirinto del fauno di Guillermo del Toro, di cui ho scritto su questo blog, e le atmosfere un po’ malate dei film di Todd Solondz (da Fuga dalla scuola media a Palindromi). Opere in cui il format del romanzo di formazione infantile viene declinato all’insegna dello scandaglio di un mondo, quello degli adulti, fatto di solitudini e di crisi valoriali.
È, infatti, una umanità malata, sola, prossima alla dissoluzione quella descritta dalla Muratori, con uno stile scabro e freddo, frutto di un intenso lavorio stilistico. Non una frase, non una parola di troppo in questo libro, che getta il lettore in una realtà inquietante e senza speranza. Una realtà che i ragazzini osservano con occhi gli aperti/chiusi da un immaginario come il loro completamente colonizzato dalla società consumistica, e che proprio per questo non possono salvare.