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chiedo scusa
Uno dei più bei libri da me letti in questi anni: una storia intensa ,toccante, commovente, ma anche ironica e leggera. Francesco Abate ci regala un piccolo gioiello. Nonostante nel libro usi un alter ego, la narrazione dell’autore è assolutamente autobiografica.
“Questo romanzo è ispirato a una storia vera. La finzione è presente per rendere il racconto un po’ più accettabile, dato che la realtà aveva superato i limiti della credibilità”.
Valter, protagonista del libro , è un cronista di nera in un quotidiano locale che, d’improvviso, si trova a dover fare i conti con una malattia subdola, covata da anni , ma sempre dissimulata, anche con sé stesso. La rabbia per la sua condizione fisica non l’ha mai portato a curarsi per tempo, ma lo ha indotto, fatalisticamente, ad annullare la realtà ,autocompiacendosi nel suo ruolo di vittima.
“Cure o non cure .Analisi e controanalisi. Tutto sarebbe stato inutile.”
Improvvisamente però, l’aggravarsi delle condizioni non permetterà a Valter di negare ulteriormente la sofferenza del suo fisico. Dopo un estremo tentativo di minimizzare le sue condizioni, comincia la narrazione del lungo e difficile cammino che dovrà affrontare per poter guarire.
Dolore, ricordi, speranza, rabbia, panico: nelle pagine si alternano e si mescolano sentimenti contrastanti. La vicenda di Valter-Francesco è un viaggio ,toccante e mai patetico, nella malattia e nel passato: è una rivisitazione di luoghi e personaggi , di vicende familiari e personali che hanno condizionato il protagonista nelle sue scelte di vita.. Scelte difficili, fatte per sopperire a una mancanza, a un’ingiustizia che ritiene di aver subìto dalla vita, fatte per non provocare altro dolore.
“Ho visto i bambini e la mia rinuncia. Forzata(…)Ho visto le mie solitudine, le assenze, i vuoti”.
“Non ho mai spiegato a nessuno (…) che la malattia non ti corrode solo i tessuti ma anche la mente. Il fegato si decompone e rilascia un veleno che intossica il cervello”.
L’autore descrive il suo doloroso percorso con uno stile asciutto, non privo di ironia e di leggerezza; non c’è spazio per l’autocommiserazione, neanche nei momenti di più alta tensione emotiva.
Il suo percorso nella malattia lo porta a una rinnovata consapevolezza. Egli, vissuto sempre con la convinzione di essere in credito con la vita, si addolcisce, prende atto di non essere il solo a soffrire; capisce come la speranza , corroborata dall’azione di persone sensibili , siano esse medici ,amici, parenti o sconosciuti, possa rendere realizzabile un sogno, possasanare una vita.
Non mancano i momenti ironici, teneri, addirittura tragicomici; Abate è bravissimo nel ritrarre con humor e disincanto il variegato mondo delle corsie di ospedale, non sempre all’altezza delle serie di E.R., come spesso vorremmo… Terribile nella sua veridicità la descrizione della poca sensibilità e della superficialità di tanti medici, così come commovente e drammaticamente realistica è la descrizione di personaggi immersi nella solitudine di una stanza d’ospedale, con la sola compagnia di piccioni cui dar da mangiare. Un’umanità variegata per età, estrazione sociale, cultura, ma accomunata dalla sofferenza, dalla sopportazione, dalla speranza. Proprio a Valter, cronista di nera, abituato a trattare delle tragedie altrui con freddezza, d’improvviso il dolore e la morte non paiono più temi da analizzare asetticamente, a tavolino, cercando di renderli più accattivanti per far vendere un giornale o far decollare un programma TV.
. “Chiedo scusa” è anche questo: un bisogno di guardare con occhi nuovi alla sofferenza, e con rinnovata gratitudine alla vita. A chi, in modi diversi, ce l’ha donata, e a chi, ogni giorno, continua a permetterci di sopravvivere: con un sorriso, un lavoro, un dono di generosità estrema.
“Alla fine l’unica cosa che conta è l’amore che hai dato e quello che hai ricevuto”.
Un libro che sa emozionare, fa commuovere e sa far ridere con la stessa magistrale scrittura.
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Commenti
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ciao Fede :-))))
Bravissimaaa! :)
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