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Come Michela gliele cantò al Kirby
Ricordo che fino a qualche anno fa, se eri alla ricerca di lavoro prima o poi finivi per imbattertici.
Nell’arido deserto di richieste, era quasi impossibile non cascare nell’annuncio-esca che recitava più o meno: “cercasi ambosessi, volenterosi ed ambiziosi, pronti a valorizzarsi all’interno di un gruppo motivato, giovane e dinamico, in continua evoluzione che punta sulla crescita delle risorse umane.”
Accadde anche a me, fresca fresca di laurea e con tutte le buone intenzioni di mettere a frutto il pezzo di carta e soprattutto gli anni di sacrifici. Chimere ovviamente, ma ai tempi dei primi due colloqui di gruppo alla Kirby ( senza sapere che di Kirby si trattasse), ero ancora una speranzosa assertrice della giustizia dei maccanismi sociali.
Che l’azienda in pompa magna fosse alla ricerca di telefoniste pronte a far scoccare appuntamenti indirizzate alla vendita di un elettrodomestico, lo sapevi pressappoco al terzo colloquio di gruppo. Un simile ritardo credo fosse dovuto al tentativo di intortare noi poveri ingenui con meccanismi di annichilimento collettivo e vane promesse di un futuro lavorativo prospero ed ambizioso; futuro che partiva, tuttavia, con un contratto di collaborazione ed un fisso mensile di neppure 150 Euro lordi.
La mia buona sorte fu quella di andare alla ricerca di una toilette proprio mentre, in una sala non troppo distante da quella dei colloqui, si teneva una riunione motivazionale indirizzata a coloro che già dell’organico erano entrati a far parte: una roba da far accapponare la pelle; con tanto di urla da ritornello Ka Mate dei guerrieri Maori.
La mia reazione fu solo una: la fuga!
Michela Murgia, invece, non ebbe probabilmente la mia fortuna di farsi scappare la pipì al momento giusto, e fu così che, sin dal primo giorno di vera a propria attività lavorativa, iniziò a raccontare in un blog la sua avventura di telefonista alla Kirby.
Diario portato avanti con stile ironico e con un eccellente spirito di osservazione e di analisi delle dinamiche di mercificazioni che un’azienda è in grado di adottare sia nei confronti dei propri dipendenti, precari emotivamente deboli ed insicuri che vengono irretiti in subdoli meccanismi psicologici in grado di farli crollare emotivamente fino ad una completa disintegrazione, sia rispetto al resto del mondo, rappresentato principalmente da casalinghe “turlupinate” fin dentro le sicure mura domestiche per l’acquisto di uno strumento per la pulizia della casa scadente e vergognosamente sovra-prezzato, il blog di Michela è successivamente diventato un romanzo-documento ed un film.
Perché “il mondo deve sapere”: e se poi si riesce ad essere informati tramite la penna di una scrittrice all’epoca in erba ma già talentuosa ed arguta, allora la lettura, per quanto comicamente amara ed inesorabilmente del nostro tempo, riesce anche a diventare piacevole e di sicuro successo.
È incredibile come Michela sia riuscita a cantargliele al Kirby! Che poi io mi chiedo: ma il Kirby, esiste ancora?
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