Dettagli Recensione
Sempre meno Pagoda, sempre più Sorrentino
Tony Pagoda invecchia, ma lo fa con stile. Sempre meno Pagoda, sempre più Sorrentino.
Se il primo libro può definirsi un'opera di pancia, quest'ultimo viene invece dal cuore, ed è al cuore che punta dritto.
Pagoda sembra aver fatto pace con Dio e col mondo, o almeno abbastanza da permettere alla malinconia di prendere il posto della rabbia.
Ironia e tristezza si stemperano a vicenda, c'è meno livore, meno turpiloquio, si ride di più e ci si emoziona, ma l'esaltante contatto con una penna intelligente e arguta è sempre lo stesso.
Puntare i riflettori su personaggi dello star system un po' dimenticati, e tratteggiare luoghi e persone note sfidando i cliché, è una scelta coraggiosa e azzeccata, perché spiazza il lettore.
Mai avrei pensato, ad esempio, che la figura del mago Silvan potesse suscitare il benché minimo interesse, eppure quelle dedicate a lui sono tra le pagine più ispirate: “Sopra la sua testa, il mondo sta morendo, ma lui se ne fotte, ha capito finalmente come far volare un pianoforte e crede che quando porterà questa novità dinanzi al mondo, esso rinsavirà”.
Il baule dei ricordi può riservare molte sorprese, e ogni tanto vale la pena darci un'occhiata, indugiando su vecchie cose che, a ben guardare, vecchie non diventeranno mai, perché vi hanno impresso il loro marchio le emozioni più genuine.
Emozioni di “ragazzi senza pensieri”, forti della capacità di ridere, vivi in un mondo autentico e fugace, lontani dalle ansietà bugiarde dell'età adulta: “Questo è il guaio. Questa è l'inaudita, vergognosa vigliaccata. Farsi adulti. E morire di colpo, continuando a passeggiare di domenica”.