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Una voce rauca da bambino vecchio
Un punto di vista insolito offre molti effetti collaterali gradevoli nella lettura di un romanzo: assaporare l’effetto d’insieme come se la si cogliesse al primo sguardo; apprezzare con maggior forza il valore di alcuni particolari; comprendere la realtà in modo nuovo.
Edito negli Oscar Mondadori, questo breve capolavoro contiene una preziosa presentazione dello stesso autore, che spiega di aver scelto “un’immagine di regressione” per raccontare la Resistenza. Non è dunque un caso se il protagonista un bambino senza infanzia, un orfano emarginato dai coetanei, che trova compagnia e calore tra i reietti adulti di un’osteria: Pin è un piccolo mostro simpatico dalla lingua lunga, che canta, strilla e insulta con “una voce rauca da bambino vecchio”. Il personaggio ha il compito dichiarato di rispecchiare la stessa immaturità vissuta dall’autore, che si autodefinisce “l’ultimo dei partigiani”; il lettore ci trova molto di più, fin dalle prime pagine.
Pin è un personaggio di rara bellezza: complesso e vivo, ben delineato nelle emozioni più profonde e nei comportamenti; un umile senza retorica, che non desta compassione ma ammirazione. Ha imparato molto sulla natura umana spiando la sorella prostituta, ma non ha perso la sua innocenza; la doppiezza e l’imprevedibilità degli adulti rimangono per lui scogli incomprensibili.
Pin finisce nella Resistenza per caso, entrando in un altro gruppo di reietti: il distaccamento del Dritto, un gruppo di “ladruncoli, carabinieri, militi, borsaneristi, girovaghi”. Come si può facilmente intuire, la scelta di raccontare la Resistenza attraverso un gruppo così originale non è stata casuale: in questo modo l’autore riesce a rappresentare il meglio nel peggio, scavalcando stereotipi, generalizzazioni e retorica.
Non rimane molto altro da dire su questo romanzo, che non sia già stato detto da altri illustri commentatori o dall’autore stesso. Molti hanno criticato la rottura dell’unità stilistica con l’inserimento del dialogo tra il comandante Ferriera e il commissario Kim, due voci autorevoli che in effetti si distaccano in modo netto, nel linguaggio e nell’acume, dal resto della compagnia. La rottura c’è, lo stesso autore lo ammette, ma io devo ammettere che apprezzo sempre troppo questo tipo di “rotture”, proprio perché spezzano un ritmo uniforme e tradiscono le aspettative del lettore. Vi consiglio di non perdere la disarmonia di questo capolavoro: gustatela fino in fondo, ci troverete un retrogusto davvero unico.
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Commenti
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Nel mio caso questo sito ha il merito di avermi risvegliato l'interesse.
Di classici ne ho letti pochi, ma ne ho parecchi in ld adesso.
Quest'inverno mi ci dedichero ' :D
devo assolutamente rileggerlo,,,,,,ne ho letto qualche brano in tenera età !!!
ai miei tempi lo si faceva leggere a scuola, ma eravamo troppo piccoli per apprezzarlo appieno!!!
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Recensione interessante, grazie!