Dettagli Recensione
Il dolore che insegna
Lo ammetto:sono in profonda difficoltà con la recensione di questo romanzo.
In genere mi metto davanti un foglio word e in dieci minuti butto giù in pieno istinto le mie sensazioni.
Sono giorni che invece rimugino su Antologia della malata felice.
Il libro è breve,ma dotato di una tale intensità che per descriverlo ci vorrebbero più parole di quelle che lo compongono.
Racconta una storia se vogliamo semplice,sicuramente non innovativa,ma con al suo interno talmente tante sfaccettature da lasciar basiti.
Sono Mirna e Mia a parlarci da queste pagine.
La prima è una donna,una madre,una moglie abbandonata su cui,come uno sciacallo(perché tale è questa malattia),si avventa il cancro nel momento di maggior dolore.
Mia è sua figlia.Una figlia divisa a metà:tra il senso del dovere che le impone di restare al fianco della madre e la voglia di andare via per sentirsi libera;tra l’amore classicamente edipico per il padre e l’odio più profondo.(Perché se l’uomo che dovrebbe amarti di più al mondo se ne và……beh il male è troppo grande.)
Alternandosi come voci narranti di capitolo in capitolo, ci aprono le loro menti senza alcuna censura,senza nessun pudore.
Denso,intenso,viscerale,corposo:sono questi i primi aggettivi che mi vengono in mente.
Quando leggo un autore emergente,di nicchia o,diciamocela tutta,sconosciuto mi aspetto sempre molto poco.So che il mio è un pregiudizio,ma l’onestà mi impone di confessarlo.
Ecco perché sono rimasta cosi stupita e stranita da quest’opera.
C’è talmente tanto talento che il primo nome che mi è venuto da associare è stato Viola Di Grado.
(Per chi non la conoscesse è una giovane autrice di una bravura che sconvolge.)
Perché,come lei, la Bonanno ti trascina dentro la storia,te la scaraventa in faccia,forse con più garbo,ma con la stessa onestà.
Ci sarebbe tanto da aggiungere:ci sarebbero da sviscerare le dinamiche di competizione tra una madre e una figlia;ci sarebbe da discutere sul senso di inadeguatezza che un genitore prova;ci sarebbe da capire come chi ci ha amato, e dovrebbe farlo ancora, arriva a guardarci con indifferenza;ci sarebbe da soffermarsi sul momento in cui i figli si vedono costretti a diventare genitori e prendersi cura di loro in un capovolgimento di ruoli che mette paura;ci sarebbe da parlare della malefica intelligenza di una malattia che compare quando siamo già prostrati;ci sarebbe da andare indietro,fino a Nietzsche che ci ha insegnato che ciò che non ci uccide ci rende più forti.
Ci sarebbero milioni di cose da dire.
Ma perdonatemi:io stavolta ammetto il mio fallimento.
Tutto queste cose non le so dire.
Do solo un piccolo consiglio:leggetelo.
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Commenti
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Bravissima!
@Piero credimi non è assolutamente un libro triste,anzi...è pieno di speranza e non gioca,come sarebbe stato facile fare,sul cancro in se.
lo leggerò di sicuro un saluto
@Eleonora mi ha ricordato molto la Di Grado,non siamo a quei livelli di genialità ma si somigliano.
Buona giornata :))
se riesco a reperirlo lo leggo !!!!
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