Dettagli Recensione
Storia di un gigante buono
Scorrevole e gergale nella narrazione senza disdegnare termini pseudo-dialettali il romanzo racconta di un gigante buono, Lazzaro è il suo nome, che, come fece Zalone nel suo primo film, parte dalla natìa Polignano verso la tentacolare Milano in cerca di lavoro.
Di fatto la storia è divisa in due parti distinte: quella dedicata a Polignano più colorita anche se poco benevola nei confronti dell'incantevole paesello a picco sul mare e quella meneghina a volte più dura, che non manca di sottolineare gli aspetti più contraddittori e negativi della vita nelle grandi città.
Le vicende tragicomiche del nostro eroe sono raccontate con molta ironia anche quando il protagonista si trova nei guai così come fece Fielding narrando le avventure del suo Tom Jones.
Belle le descrizioni dei personaggi tese a catturare le essenze dei singoli difetti ma con molta amabilità. Narrazione onnisciente con uso di dialogo diretto libero e scarsa intrusione da parte del narratore nelle vicende del personaggio eccezion fatta per l'introduzione e la conclusione della storia che richiamano la divisione classica propria del romanzo ottocentesco , anch'esso omaggio ironico ai tanti romanzi che in passato si occupavano di narrare eroiche avventure.
Molto televisivo e attuale nelle citazioni corre il rischio di bruciarsi troppo in fretta perché col tempo molte allusioni alla stretta attualità potrebbero cadere nel dimenticatoio.
Sicuramente adattabile agli schermi televisivi ( e non a caso è stato scritto a due mani da due autori di trasmissioni di successo) il libro è adatto per una lettura spensierata estiva o domenicale perché godibile e ben scritto.Consigliato.