Dettagli Recensione
Alla fine muoiono tutti
Dal titolo pare proprio di trovarsi di fronte al tipico romanzo polemico e, vista l'ambientazione storica, al tipico romanzo antifascista. Moravia, forte ormai di un'esperienza trentennale di scrittore, riesce a dare qualcosa in più. L'autore non si pone in un terreno di scontro nei confronti del protagonista, Marcello, e del sentimento che lo anima, il conformismo, ma ne indaga le ragioni, ne analizza le dinamiche, si muove verso la comprensione. Marcello, nato "diverso", decide di modellare e costruire la propria vita per renderla uguale a quella di tutti, con una forza di volontà tale che non si può non sospettare che questo sentimento non sia solo una pressione esterna: il conformista Marcello vive la pulsione verso l'omologazione dall'interno, come una religione dalla potentissima forza di fede, che prefiggerà a scopo della vita. Ma durante un viaggio di missione a Parigi incontrerà Lina e a quel punto capirà il pesante fraintendimento nel quale era caduto e al quale aveva dedicato trent'anni di vita: la sua non era che una ricerca del vivere puro, non era che una repulsione violenta nei confronti dello sporco, del malsano - e non quel disperato sentimento di normalità che erroneamente aveva scambiato per conformismo: normale è vivere fedeli al proprio spirito.
La critica del tempo e di qualche anno dopo ha considerato Il conformista il peggior romanzo in assoluto di Moravia e di certo la sua superficie lo conferma: lo stile è pesante, lento, eccessivamente verboso e zeppo di riflessioni tortuose; ma, si sa, a volte basterebbe solo un po' di paziente buon senso per scoprire grandi lavori.