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Fai bei sogni di Massimo Gramellini
Un giornalista può essere anche uno scrittore, come lo è Gramellini o come lo dimostra in questo romanzo Fai bei sogni. Nelle intenzioni dell’autore avrebbe dovuto scrivere un saggio su come uscire dall’abulia e dalla rassegnazione con cui le persone sembrano affrontare questo momento storico e per corroborare la tesi aveva pensato di far precedere il saggio da una pagina autobiografica in cui avrebbe raccontato la rimozione della morte della madre (morta quando lui aveva 9 anni). Ma la pagina prende la forma di una narrazione vera e propria intessuta di fatti realmente accaduti. Dopo la presentazione di questo libro da parte di Gramellini nella trasmissione di Fabio Fazio, come una grancassa di risonanza le vendite sono salite vertiginosamente, decretando un successo clamoroso.
Fuori da ogni schema retorico, perché il dolore espresso è autentico, la storia rapisce dall’inizio e non abbandona il lettore fino all’ultima pagina, la commozione non la si può trattenere e inumidisce gli occhi, nonostante. La madre, evocata, ricordata e mai dimenticata, perché morta, è una presenza costante nella vita di Gramellini bambino e poi adulto, la verità sulla sua morte è misconosciuta, ma come sottesa nel suo cuore. Con parole pacate colme di profonda sofferenza la madre Giuseppina, rivive nella mente, nell’animo di Massimo, durante il suo percorso esistenziale, privato di lei e della vita stessa. Straziante la sua preghiera imperativa rivolta al Signore di rimandargli giù la madre e subito o far venire su lui, quando apprende che la madre non è uscita a fare le commissioni, come gli dicevano, ma era volata in cielo per proteggerlo meglio. Nella sua mente di bimbo vive la perdita come una forma di disamore della madre nei suoi confronti, per il fatto che non tornasse e l’avesse abbandonato solo alla deriva trascinando detriti di ricordi come il suo abbraccio o l’ultima volta ch’erano stati insieme…o quando gli augurava la buona notte : Fai bei sogni. Tutto il libro è una dolente poesia verso la madre e per la madre, ora in un crescendo di sentimenti tra i più devastanti ora tra i più contraddittori. Se la mamma non fosse morta, oggi l’amerebbe sì, la rispetterebbe, ma la sua presenza sarebbe come un dato acquisito senza la meraviglia o la suprema dolcezza di avere una madre vicino, è la perdita che suscita rimpianti per quello che non si è fatto e si poteva e doveva fare. Per Gramellini il dramma assume sfaccettature più complesse perché non sa o non vuol sapere la realtà che si cela dietro quella morte, come poi saprà: un complotto compatto di parenti e conoscenti gli aveva costruito un muro di silenzi e di menzogne su quell’evento. Solo dopo quarant’anni conoscerà la verità: sconcertante, ma nello stesso tempo sapeva da sempre com’era morta, ma aveva deciso da subito di non volerlo sapere. L’intuizione ci rivela di continuo chi siamo. Ma restiamo insensibili alla voce degli dei, coprendola con il frastuono delle emozioni. Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire. Per non guarire. Perché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere. Completamente vivi.
Il libro colpisce al cuore del lettore perché non ci sono fingimenti letterari né arguzie stilistiche pretestuose, è l’animo del protagonista che irrompe nelle pagine e si apre con candore come se tornasse bambino e rivivesse con la stessa forza originaria sentimenti mai sopiti.
È raro di questi tempi, O tempora O mores, mostrare emozioni vere senza l’inibizione di essere se stessi: ecco l’essere, senza armature di difesa, e non la rappresentazione di sé come vediamo in ogni ambito della vita odierna.