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Luci (e ombre) nelle case di tutti.
A chi non è mai capitato di camminare di sera per strada guardando le finestre illuminate, chiedendosi chi animi le stanze dietro quei vetri chiusi, quali segreti si nascondono dietro quelle tendine accostate e magari immaginarsi di fare una piccola intrusione, di mettersi in un angolino a guardare il film della vita quotidiana di questi sconosciuti.
A me capita frequentemente, così quando sullo scaffale della libreria ho scorto, per puro caso, "Le luci nelle case degli altri" in 0.30 secondi mi sono ritrovata alla cassa, innamorata del titolo.
Piena di aspettative comincio la lettura: le prime pagine scorrono a rilento, del resto prima di tutto bisogna entrare in ogni casa, osservarne i protagonisti, comprenderne le abitudini, analizzare il loro rapporto e sbirciare nel loro passato. Le parole camminano lungo le scale di un condominio di cinque piani, più un ex-lavatoio al sesto.
La protagonista del racconto è Mandorla, una bambina curiosa e vivace, figlia di Maria una ragazza madre piena di fantasia, amministratrice del condominio di via Grotta Perfetta 315.
Ma un triste giorno Maria muore all’improvviso, in un incidente stradale.
“Maria era morta come si muore a metà dicembre, come si muore di martedì, come si muore sempre, se proprio non te l’aspetti e un attimo prima di volare dal motorini a terra, rimbalzando su una macchina parcheggiata in seconda fila, stavi pensando: domani, diciassette e quarantacinque, andare dal dentista.”
Rimane sua figlia, una bambina di sei anni: e rimane una lettera.
Una lettera che sconvolge le vite dei condomini: cinque famiglie, le cui esistenze sono apparentemente brillanti, le cui case sono piene di luci. In quella lettera Maria, adorata da tutti in quel condominio per la sua freschezza e gioia di vivere, rivela che la piccola Mandorla è stata concepita una sera di marzo nell’ex lavatoio del sesto piano del palazzo di cui lei è amministratrice, proprio con uno dei condomini.
"Vorrei che tuo papà fosse un astronauta che cammina sulla luna e pensa sempre a noi, e non un uomo come tanti che abita a via Grotta Perfetta 315 e una sera di marzo, forse per noia, forse per curiosità, nell’ex lavatoio del sesto piano, ha fatto l’amore con me.”
Chi è, dunque, il padre di Mandorla?
Chi, in quel palazzo, intratteneva con Maria una relazione profonda e segreta?
Gli uomini del condominio sono tutti sospettati: uno di loro deve confessare. Ma con l’appoggio delle loro famiglie, dopo una lunga discussione, in un patto tanto scellerato quanto giudizioso, decidono di non volersi sottoporre al test del DNA: e stabiliscono di crescere la bambina tutti assieme.
E così Mandorla s’infila nelle case degli altri, tra le stanze delle loro vite. È questo il fatale presupposto di una commedia umana che, con l’alibi del paradosso, in realtà chiama in causa tutti.
Perché attraverso lo sguardo smarrito, ora allegro, ora dolcemente disperato, di Mandorla, che da bambina si fa adolescente, accendiamo le luci e scopriamo le ombre delle case di un condominio dove, inevitabilemente da osservatrice passiva mi sono trasformata in una dei personaggi anch' io.
Ho sofferto per la solitudine della tanto buona Tina Polidoro, mi sono arrabbiata con Samuele Grò e il suo continuo fantasticare, ho partecipato al gay pride con Paolo e Michelangelo, ho frequentato Candy Candy l’amico trans che di nome fa Alfredo, sono stata stimolata dalla vena artistrica di Lidia e Lorenzo e mi sono sentita a casa mia con la Famiglia Barilla, che non ha nulla da invidiare a quella della Mulino Bianco.
Il libro fruga nei sentimenti della gente e lo fa dalla prospettiva innocente di una ragazzina, a cui tutto è permesso.
Chiara Gamberale utilizza uno stile fresco, colloquiale; con dolcezza l’autrice ci conduce in questa favola moderna, che non è solo di Mandorla, ma anche di tutti i condomini di via Grotta Perfetta 315, ma soprattuto è un po' mia e di tutte le persone che entreranno a contatto con questo libro.
Sì, perchè le vite di cui l’autrice ci parla sono uno spunto per riflettere sulla famiglia che è toccata a ciascuno di noi e per concludere che, pur avendo tanti, forse troppo difetti, non si può prescindere dalle proprie origini, né si può fare a meno di avvertire sempre (a 5, 20, 80 anni) quel filo invisibile e indissolubile che ci riporta a "casa".
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Commenti
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Hai letto "La zona cieca"? della Gamberale?
E' la storia di Lidia e Lorenzo, prima ovviamente di "Le luci nelle case degli altri"!
Grazie mille, lo metto subito in wl!
Ma questa rece è veramente ispirante!!! :))
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Non mi sapevo decidere con questo titolo, benche' mi ispirasse parecchio.
Detto fatto. Sei stata decisiva !