Dettagli Recensione
La solitudine dei numeri primi
Siamo di fronte ad un classico caso letterario costruito a tavolino. A questo libro è stato decretato un successo a priori. Ben diverso è l'evento del successo di libri come il recente "L'eleganza del riccio" dove parte dal basso, dai lettori un consenso su un libro non eccezionale ma di ben diverso spessore. Qualche intuizione interessante, forse una sola, quella dell'analogia fra i numeri primi ed il destino dei due protagonisti. Eccessivo e sopra le righe il personaggio di Mattia gravato comunque da un passato fortemente condizionante mentre paradossalmente viene meglio e ci si lega di più ad Alice anche se in fondo non si capisce perchè dovrebbe essere "drammatico" e singolare vivere in una famiglia benestante un pò grigia in cui il papà ti paga le lezioni di sci, anche se in seguito a questo ti rompi una gamba. Insomma, un compitino "di maniera" condotto con un discreto ritmo, con i classici artifici da scrittore di routine (metonimie, finti riconoscimenti). Una cosa che mi ha colpito è l'assenza totale di "vissuto", nel senso che lo scrittore parla di ambienti come quello universitario che a lui dovrebbero essere familiari senza regalarci punti di vista e racconti intimamente connessi con quel tipo di ambiente, quasi delle finestre che ad un estraneo sono chiuse e che nascono dalla quotidianeità della vita. L'università che lui descrive sembra un accozzaglia di luoghi comuni, conditi dall'ambientazione nordica, come se lui in una università non avesse mai messo piede e ne parlasse per immaginazione e sentito dire. Si inserisce comunque nella scia della pochezza della letteratura prodotta dai giovani scrittori italiani con le poche eccezzioni di gente come Isabella Santacroce.