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Fuga e tempo
Dal profondo di una vita fin troppo nota, con i suoi prevedibili tragitti e appuntamenti regolari, emerge talvolta un sentimento inquietante, che sembra rivolgersi a noi come quell’ ”arcaico torso” della poesia rilkiana: „Devi trasformare la tua vita!” Mentre di solito cessiamo di ascoltare quanto prima quella chiamata, il protagonista senza nome di questo nuovo romanzo di Massimo Ulivari, “In fuga”, non è in grado farlo. Lui è in fuga – da se stesso e dall’insensatezza dell’esistenza.
Mentre i treni allontanano sempre più dal suo paese questo protagonista irrequieto, il lettore si trova scacciato da un capoverso all’altro come in uno staccato musicale. Incontri episodici contengono promesse che sembrano trattenere il fuggiasco per un attimo, ma solo per riprecipitarlo in vicende ancor più arrischiate. L’improvvisa conclusione del primo tentativo di fuga sembra annunciare per un momento il ritorno alla vita precedente; ma la seconda fuga non si lascia attendere a lungo. Questa volta c’è anche un cane, “Lingua Lunga”, una taciturna anima amica, che forse capisce più degli uomini quotidiani, la voce de quali sembra sempre raggiungere il fuggiasco da una distanza remota. I due incontrano per caso in Germania un gruppo di attivisti ambientalisti, che hanno mobilitano tutte le loro forze per tentare qualcosa di apparentemente insensato: impedire ad un treno carico di rifiuti nucleari di raggiungere un deposito. La forza simbolica di questa azione politica, mirata a richiamare l’attenzione publica, colpisce il protagonista come un fulmine: il treno carico di rifiuti nucleari è l’inarrestabile “Treno del Tempo”, la cui potenza incontenibile lascia morire ogni cosa e sembra sopprimere ogni possibile significato nel mondo. Gli attivisti oppongono a questo “Treno del Tempo” le uniche armi rimaste loro: la decisione, l’azione, la resistenza. Il blocco delle rotaie si rivela come un insorgere contro il vorace e spietato Crono. E tuttavia, questa presagio di senso resta un cenno momentaneo e anche il secondo tentativo di fuga si conclude con un ritorno forzato al proprio paese.
Mentre la prima parte del romanzo alterna allo svolgersi dell’azione riflessioni sul suo significato e sui suoi retroscena, la seconda parte precipita il lettore nel pieno dell’ultima avventura di senso del fuggiasco: nel tempo di un amore straordinario nel vero senso della parola. Una donna giovane, molto giovane, che il protagonista conosce al lavoro nel settore imballaggi di un’azienda, perde di proposito il suo treno per casa, detesta ogni sorta di orario di appuntamento, preferisce lasciare alla casualità i loro incontri, porta al collasso ogni sorta di norma sociale e infine fa nascere una passione che sembra promettere al contempo la più piena esperienza di senso e l’assoluta autodistruzione. Nel corso del dispiegarsi di questa folie à deux vengono alla memoria momenti del film di Truffauts “La femme d’à côté”, nel quale la passione immortale tra due persone significa la loro inevitabile caduta.
Ed anche nel romanzo di Ulivari si è portati a chiedersi: il fuggiasco è in questo amore sul punto di distruggersi definitivamente o ha invece trovato finalmente il senso così disperatamente cercato? E’ un grande merito del libro lasciare aperta questa domanda: questo amore significa una forma suprema di senso e la più forte ma necessariamente tragica forza contro l’inarrestabile “Treno del Tempo”? E’ mera follia e leggerezza o si risolve in patologia autodistruttiva?
Se una volta un grande autore francese si è dato alla ricerca del “tempo perduto”, il romanzo di Ulivari è alla ricerca di un tempo vero, ricco di senso e degno di essere vissuto, che possa scuotere almeno per un momento l’inarrestabile “Treno del Tempo”. Questo tempo è il tempo della decisione autentica, dell’azione e della resistenza.
Le frasi conclusive di “In fuga” ci abbandonano infine a una disperazione abissale o sono un bagliore ricco di speranza in una esistenza autentica? Questo deve deciderlo il lettore. Vale la pena di leggere questo libro? Sì, in ogni caso!