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Esiste una criminalità "onesta"?
Nicolai Lilin,classe'80,che ora vive in Italia,racconta in prima persona in questo suo primo libro la propria infanzia e adolescenza in Transnistria,terra al confine tra Moldavia e Ucraina,all'interno della comunità degli Urka siberiani,popolo deportato in questo lembo del pianeta dal regime comunista sovietico e dedito alla criminalità e ai traffici illeciti.
L'educazione che riceve,principalmente dai vecchi,lo spinge,fin dai primi anni di vita,a seguire un percorso criminale,fatto di risse,rapine,omicidi,ma secondo un codice di comportamento etico molto rigido,che il suo popolo segue in maniera religiosa...
Il libro,a mio parere,risulta interessante e coinvolgente nel momento in cui si sofferma sulle regole,i precetti del popolo siberiano,perchè ci catapulta in una realtà a noi completamente estranea e difficile da comprendere e accettare.Il suo limite però è quello di perdersi in una serie di micro-storie e in una moltitudine di personaggi che finiscono col frammentare in maniera eccessiva lo svolgimento del racconto,che sostanzialmente non evolve mai...E i personaggi stessi,cresciuti all'interno di una comunità chiusa,finiscono col seguire sempre le stesse dinamiche,senza mostrare una propria crescita personale...
Alla fine ci si chiede se tanta violenza,tanta spietatezza,possa trovare una seppur parziale giustificazione in un'educazione che sembra non lasciare alternative...
In definitiva,libro interessante da un punto di vista sociologico,ma imperfetto,e forse un po' acerbo, a livello narrativo