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Il senso di Pavese per la terra
Anguilla è tornato al suo paese, dopo un lungo periodo trascorso in America. Lì ritrova lo stesso sapore della sua infanzia, gli stessi odori e colori e l'amico di sempre, Nuto. La terra con le sue amarezze e gli abbandoni gli ricorda che il cuore dell'uomo è girovago ma ha sempre bisogno di un posto in cui tornare. lì apprende la storia della sua gente, conosce i drammi intercorsi durante la sua assenza e conosce il piccolo Cinto, al quale si affeziona, proprio per via di un'assonanza, una somiglianza di sorte. E' un romanzo fatto di miti ancestrali, legato al corso della natura (la luna e i falò si riferiscono alla ciclica vita della terra e dell'uomo), e potente perché scava a fondo nelle ragioni di un'esistenza, indaga le conseguenze delle azioni umane, nell'insensato bisogno di morte che si genera dall'odio. Viaggiando su due tempi, il passato che per Anguilla è ancora attuale e il presente del ritorno, il narratore sospende il giudizio sul destino dei protagonisti, una sorte che non è chiara, ma fragilmente custodita nell'infanzia di Cinto. Lo sfondo sono sempre le Langhe, la terra bruciata dal sole e dai falò estivi o dagli incendi che in una notte distruggono vite intere. La terra e la natura circondano l'uomo, lo condizionano, ne esaltano istinti primordiali e sottopongono al narratore il ricordo dell'infanzia, identificata con la spensieratezza, ma il ritorno non è possibile perchè il passato nella sua imperscrutabile laconicità è irrecuperabile.
Un messaggio forte, un'ultima perla di un grande scrittore.