Dettagli Recensione
Molta ostentazione, poca sostanza
Baricco non mi ha entusiasmato. C'è qualcosa di non ben amalgamato in questo libro, qualcosa che non torna.
"Se il mare non lo si può più benedire, forse, lo si può ancora dire". Frasi di questo genere danno l'impressione che lo scrittore si diverta a giocare con le parole, buttandole giù secondo l'ispirazione del momento per vedere che effetto fanno. Se suonano bene, ci costruisce attorno un episodio.
I primi capitoli del romanzo sono come una fiaba sussurrata all'orecchio: l'atmosfera è surreale e l'unico contatto con la realtà è l'ironia (a mio parere, la parte migliore dell'opera). C'è la locanda Almayer, luogo-non luogo soffuso di un'aura romantica, dimora di angeli e rifugio di anime inquiete.
A ridosso c'è l'"oceano mare", che incanta, uccide, commuove, spaventa, è saggio, dolce, potente, imprevedibile, e chi più ne ha più ne metta.
Poi si cambia registro, la fiaba si spezza e si conosce "il ventre del mare". Suggestiva la descrizione del naufragio da parte dei due sopravvissuti, il loro lento scivolare negli abissi della disperazione.
Alla fine, il truce si mescola al fantastico, i destini si incrociano e la locanda diventa scenario di un conto da regolare.
Forse mi è sfuggito il profondo significato dell'insieme, ma lo scopo del libro sembra essere più che altro l'ostentazione di una certa prodezza stilistica, con annesso repertorio di svolazzi e frasi ad effetto.
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