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Per Tenebras Ad Lucem
Una processione di nebbie e maschere c’invita a danzare, sorridendo con gli occhi sciolti di buio e i lineamenti di porcellana, delicati e puri, sinistri e sfuggenti. Ogni odore, voce, tocco, è dilatato all’interno del torace fumolento d’un luogo che appare senza inizio né fine. Un baratro ordinato e sottile, cupo quanto quello il cui presagio doloroso strascina attraverso ogni emozione, parola, battito delle anime mascherate, gentili, pulite. Lo strepitio delle loro ali, risuona con un’eco eterna, dolce e straziante, attutito dall’ombra protettiva che annega ogni pensiero, sia esso lecito o proibito, affinché tutto sia come prestabilito dall’Ordine, nella quiete ovattata di Eden l’eterna.
Ed è proprio il custode dell’Ordine, Esha, colui che detiene il Destino della città delle nebbie tra le dita, a tessere l’impeccabile ordito della congiura, fautore della congiura stessa contro l’angelo della luce, Lucifero: colui che, più leale, carismatico, giusto di Lui nei confronti del Suo stesso popolo, stava tramando nel nome dell’ideale che da sempre infiamma l’animo di ogni creatura, Libertà.
Nel finissimo gioco delle parti, accanto alla stirpe angelica dai connotati perfetti ed impalpabili, appaiono anche i primi figli del Padre, frutto non del Suo amore, ma della Sua smania d’eternità: e sarebbe stato proprio legandoli eternamente a Sé, attraverso l’inganno della mela, che il Sovrano di Eden avrebbe sconfitto la morte, sopravvivendo per sempre nell’anima dei figli, nel loro rimorso per aver tradito chi aveva donato loro il soffio. E così, riconquistando ciascuno di loro nel momento della loro morte, il Padre avrebbe conquistato l’Infinità del Tempo, strappandola alla decadenza della fine.
Lucifero, il tentatore, è punito col baratro per l’aver egli stesso ceduto alla tentazione, offertagli da Esha, e con lui cadono gli angeli traditori. Le loro urla echeggiano lente e strazianti tra le righe, strascicando un orrore specchio di quello che avvampa nella città madre da cui sono stati scacciati, offuscato da quelle nebbie, quei fumi, che tentano di zittire le coscienze, le volontà, affinché tutto sia come scritto.
E sopra a tutto l’odio, il terrore, il ronzio delle carni in putrefazione e delle ali spezzate, continuano a brillare gli occhi dell’Angelo che osò sfidare il Padre, Lucifero della Luce, come fiaccole avvampano nel desiderio di spezzare, spaccare, spazzare via l’ombra, il buio, la nebbia imposta dal Padre, di riaccendere, ridestare, rianimare le coscienze.
Un brusio senza tempo si dispiega tra le fiamme, la brama di ricondurre la Luce nel luogo ove essa è stata bandita da miasmi nebbiosi, nascosta dietro maschere perfette, che c’invitano a danzare, nelle infinite viscere della Città invisibile, la prima di tutte, l’inesistente, l’eterna, la salva e la dannata, la Città che sogna se stessa e i suoi abitanti per osservarli e osservarsi, in quell’eterna danza, nelle viscere profondissime dei suoi costati di foschia, vibranti nell’eco dei passi, delle voci intagliate nel buio.