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Il colore del sole
Andrea Camilleri, in questo breve romanzo, si addentra in un fitto ed affascinante mistero trasportando se stesso e noi lettori nel lontano’600, un’epoca rivisitata attraverso la vita tumultuosa e allucinata di Michelangelo Merisi: il Caravaggio. L’artificio letterario usato dal “nostro” autore è l’assunto della narrazione, lo scrittore, per vie impervie e traverse, ritrova il diario autografo del grande pittore sul periodo trascorso a Malta e in Sicilia nell’estate del 1607, la cui autenticità”era proclamata dall’odore della carta, dell’inchiostro secolare e da certe increspature dei fogli…” Sarà un salto nel buio della mente torturata del genio maledetto, e, come scrive Camilleri, ha preferito trascrivere le pagine più intime, come l’ossessione del sole nero, (donde il titolo), squarciare il velo di tanta parte fosca della sua vita e, in particolare, della nascita della sua vocazione artistica. Due sono i colpi di genio di Camilleri, il fittizio ritrovamento delle carte caravaggesche, espediente usato, per una maggiore adesione emotiva al personaggio e la manipolazione dell’italiano irto e spigoloso e non certo colto dell’artista; ricondurre il gioco tra il lucor dei personaggi e la fitta oscurità che avvolge le cose circostanti per troppa ombra ad un ipotetico disturbo della vista del pittore che mal sopportava la luce del sole. “Da esso nascea una luce nera che oscurava non per intero homini e cose, ma li lasciava visibili solo in parte, come tagliati da luce di lume o di candela… In Camilleri, ormai, è diventato un marchio di fabbrica, “doc”, destreggiarsi in ardite e spericolate sperimentazioni linguistiche, al pari di un giocoliere, di parole, ricrea la parlata seicentesca in una sorta di paralinguaggio dell’epoca. Ci restituisce intatto il fascino di un’esistenza vissuta pericolosamente, dove il tormento e l’estasi si confondono e in cui l’arte si configura come il paradigma che contraddistingue il”Genio”. ( La vita si fa arte e l’arte si fa vita).