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Un rogo di giustizia
Il protagonista di questo romanzo, Sigislondo Arquer, è un uomo del Cinquecento deciso a mantenere la dignità delle sue scelte di vita e di credenze nel clima di violenza teologica tra riforma e controriforma e più in grande tra cristianesimo e islam ottomano (siamo alla vigilia della battaglia di Lepanto). In attesa del rogo Sigismondo rivisita la sua vita per ridarle un senso diverso da quello che le danno i suoi giudici e fra poco i suoi carnefici. E' un esame di coscienza in articulo mortis che però ricostruisce una vita movimentata e vissuta pericolosamente tra la Sardegna, la Toscana, la Svizzera, la Spagna, e con contatti con i grandi dell'epoca, da Filipopo II ai riformatori. Sigismondo è stato un uomo politico, avvocato generale del Regno di sardegna allora appartenente alla corona di Spagna. Il racconto è fatto in prima persona, nella cella dell'inquisizione di Toledo, nei tre giorni precedenti il rogo. I fatti narrati sono in sostanza fatti realmente accaduti a persone realmente esistite, che in queste pagine hanno i loro veri nomi e accadono nei luoghi del loro reale accadere. Questa caratteristica si scopre a poco a poco, finché si arriva a fidarsi anche dei piccoli e fin minimi particolari come veri o altamente verosimili. Vivissimi i personaggi. Una Sardegna veramente inedita. Come non ci si poteva aspettare, le dispute teologiche sono di un vivezza e di un'attualità coinvolgente. Ne risulta un libro tremendo, ma senza effettacci orrorifici, bensì di grande e coinvolgente umanità, entrando in sintonia con un uomo che decide di non voler vivere una vita diminuita dal tradimento delle proprie convinzioni, del resto condivise con tanti altri europei della sua epoca.
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