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caduta libera
Come promesso, (per chi ha letto la mia opinione su "educazione siberiana") ho letto il secondo libro di Nicolai.... difficile dare un' opinione ad una lettura così cruda e cinica, perchè d'istinto potrebbero urtare le parole che utilizza per raccontare la sua esperienza di cecchino durata due anni di servizio militare.
Bisogna riflettere un attimo prima di dare un giudizio su questo libro, soprattutto quando ci si trova a dover vivere un certo tipo di esperienza e non avere alternative. Perché l'alternativa di Nicolai,se si fosse sottratto al servizio militare, sarebbe stato il carcere militare il che significava un non ritorno alla società, in quanto i soprusi le violenze psicologiche e non, sarebbero stati tali da annullare completamente l'uomo. Non che le dinamiche della guerra in generale e in particolare la guerra cecena, che il protagonista ha vissuto, fossero diverse, ma forse Nicolai sentiva di avere una possibilità in più, se uscito vivo dal campo di battaglia, di poter in qualche modo riprendersi la vita.
Una frase chiave che mi ha fatto riflettere è questa ".... tutte le cose che fanno di un individuo quello che è, come i sentimenti legati alla coscienza, alla morale, al rispetto del prossimo, elementi che cambiano a seconda della cultura e dell'educazione ricevuta, tutto questo svanisce davanti all'istinto di sopravvivenza". Ecco di fronte alla sopravvivenza come ci si comporta? Cosa accade ? Dove vanno tutti i principi e gli ideali? Nicolai risponde a tutto ciò raccontando la sua esperienza, terribile, agghiacciante reale sicuramente difficile da comprendere fino in fondo, perché fortunatamente non mi sono mai trovata nella circostanza della sopravvivenza, se non si pensa a questo aspetto, leggendo, si rimane semplicemente senza parole. Ma capire un libro vuol dire in qualche modo immedesimarsi nel racconto e l’aspetto della sopravvivenza è stato, per me, la chiave per poter comprendere e ingoiare questa lettura.
La guerra annulla le persone, annulla i destini, e mescola innocenti e carnefici, la guerra è mossa apparentemente da chi sta sul campo di battaglia, ma come sottolinea il protagonista è solo una copertura di traffici gestiti dal governo.
Avrei voluto sapere qualcosa di più del dopo, del ritorno, che è solamente accennato nelle ultime pagine, dove si percepisce la sofferenza che prova e il paradosso di sentirsi fuori luogo a casa dove regna la pace. Forse si dovrà aspettare il suo terzo libro per chiudere il cerchio, perché mi manca un tassello e mi interessa conoscere in maniera più approfondita l’influenza che ha avuto nella sua testa nel suo animo, un’esperienza del genere, perché il libro racconta bene l’aspetto diretto sul campo descrivendo l’azione e meno il pensiero, perché la riflessione è arrivata sicuramente dopo quando ha riniziato a vivere, perché durante la guerra non c’è stato il tempo per pensare, ma solo per sopravvivere.
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complimenti Ele, rece bellissima e profonda!!!
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anch'io ho letto "educazione siberiana" e pur avendolo apprezzato sul fronte del contenuto per averci fatto conoscere un mondo lontano dal nostro,ritengo che Lilin vada poco in profondità sul piano emotivo.
è d'obbligo ricordare che non è uno scrittore professionista.