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ritorno al passato... per capire il presente
Per questo romanzo non ci sono parole: solo lacrime di commozione e dispiacere. E' una storia bellissima, una storia di violenza, guerra, figli, sterilità e fertilità, di scontro-incontro tra oriente e occidente, tra Italia e Jugoslavia, tra culture differenti, tra etnie che prima costruiscono ponti per incontrarsi e poi li distruggono per sancire le distanze. Io che nella Bosnia post 1992 ci sono stata, anche se solo per dieci giorni, ho assaporato gli odori descritti, ho rivisto gli ambienti, ho compreso le sensazioni di Gemma, del suo amico poeta, di Diego. Studiare la guerra sui banchi di scuola è una cosa, conoscerla nella sua crudezza degli intimi dettagli, delle stragi familiari, degli stupri, dei lager e degli sniper che si rendono coprotagonisti in questa triste storia, è un'altra cosa. Non capivo come potesse terminare il viaggio nel passato di Gemma se non nelle ultime pagine, che sono le più dolorose ma anche quelle che svelano gli animi per quelli che sono. Diego non tradisce sua moglie, Diego cerca il riscatto dall'essere stato fermo dinanzi alla prima visione della guerra, come quando era fermo e nascosto quando il suo papà picchiava la mamma. Diego è quello che vede solo le "cose belle", che scorge nel figlio dei diavoli la possibilità di riscatto in un angelo. Il ritorno di Gemma a Sarajevo è un ritorno nel suo passato, è una riscoperta delle radici del suo amore e delle sue amicizie bosniache, è un pellegrinaggio nei luoghi del suo amore e della guerra, è la scoperta della verità che si cela in Aska e che la libera dall'angoscia del non aver mai saputo come davvero sono andate le cose.
Margaret Mazzantini si riconferma tra i miei autori preferiti, mi commuove, mi entra dentro e il suo narrare in prima persona ha la capacità di prendermi per mano come lettrice e di condurmi nei luoghi delle sue narrazioni. Venuto al mondo.