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Invito alla lettura di Bruno Elpis
In una precedente recensione ho commentato l’ultimo romanzo di Raul Montanari a partire dall’interesse che esso può avere per chi scrive. Perché gli squarci sul “… fantastico mondo” dell’editoria e le riflessioni sul “mestiere” dello scrittore che l’opera propone sono davvero interessanti, in quanto condotte con un’ironia sottile che può derivare soltanto da un’esperienza forte e autentica. L’ironia, in molti punti, rasenta la satira. Le rappresentazioni sono spesso grottesche, e quindi reali, perché la realtà di noi umani è spesso davvero grottesca.
Oggi, però, vorrei affrontare altri spunti che il libro offre, soprattutto dall’angolo di visuale del lettore. Questo romanzo, infatti, mostra una dimensione dell’autore che non ho conosciuto in precedenti opere.
Livio Aragona, docente di scrittura creativa e scrittore affermato in cerca della consacrazione definitiva, impegnato a sfuggire il cliché che gli viene immancabilmente attribuito (quello del giallista), muovendosi tra trasmissioni televisive e presentazioni letterarie, combatte la sua guerra personale: contro l’età (verrebbe da dire: la maturità) inesorabilmente scandita da un rito annuale (fotografarsi nudo, ogni capodanno, dinnanzi allo specchio) e contro le ipocrisie del suo ambiente di lavoro. E tutto si complica, perché il nostro eroe si innamora di una bella e talentuosa esordiente, sua diretta rivale al premio …. (innominabile!).
Nel finale della storia ho ritrovato la potenza del dramma: nelle riflessioni sulla morte, nelle colluttazioni durante le quali il dolore fisico e quello esistenziale si confondono.
Chiudo il mio intervento ponendo una domanda, forse assurda. Ma quanto è autobiografico “L’esordiente”? E dico che questo interrogativo forse non ha senso, perché un autore – ne sono convinto – mette sempre se stesso in ciò che scrive … E Raul Montanari, in questo libro, ritengo abbia lasciato una buona parte di sé. Mi sbaglio?