Dettagli Recensione
(è un po' lunga)
Premessa.
È il primo libro di un autore di Qlibri per il quale esprimo un’opinione. Per un parere di questo genere sarebbe più utile una chiacchierata. Ma le regole sono queste.
Mi verrebbe da parlare dei punti di forza e di debolezza che ho riscontrato. Il voto, sebbene medio, non è altro che un voto sospeso, in quanto ritengo che molti “primi libri” possano soffrire di pecche e difetti sanabili grazie all’intervento professionale di un editor, cosa che consentirebbe a un libro, se buono, di far emergere le potenzialità che possiede.
Fine premessa.
Tramonti d’Occidente. Il responsabile di una casa editrice, Claudio, sposato con figlia, si ritrova a condurre brillantemente la sua impresa. Sennonché, a un certo punto della sua vita l’abbandono a un certo “istinto” susciterà in lui un profondo senso di colpa, motivazione che lo spingerà a tentare di sanare questa colpa ma, soprattutto, alla ricerca di se stesso. Il romanzo presenta molti personaggi e il luogo di lavoro in cui lavora Claudio non è funzionale alla trama, ma solo un punto di partenza e l’occasione per spunti e digressioni narrative.
Tutti gli altri personaggi vivono vite a sé, sebbene alla fine emerga un filo comune che intreccia tra loro ansie, paure e rimorsi di ognuno.
La trama c’è. E questo si può considerare già un punto a favore. Probabilmente la trama di fondo, quella di Claudio, passa spesso in secondo piano rispetto a quelle degli altri personaggi, e questo talvolta rallenta il ritmo narrativo. È possibile che le 188 pagine, se ridotte di numero fino a stringere l’accaduto intorno alla trama portante, sarebbero risultate più avvincenti e avrebbero centrato meglio il cuore del racconto.
Ma l’intento della scrittrice, forse, è stato proprio quello di non far soffermare il lettore su un qualcosa di preciso ma accompagnarlo in una lettura che tocca – davvero – qualsiasi possibile aspetto della società d’oggi. In altri termini i “Tramonti d’Occidente”, di cui promette il titolo, sono innumerevoli (e questo può essere un punto di forza e debolezza allo stesso momento; a volte l’ho ritenuto più un punto di debolezza, forse perché l’intento quasi di “denuncia” della scrittrice talvolta prevale sulla trama; ma questa può essere una mia impressione).
Oltre alle tantissime riflessioni sociali, attraverso digressioni di primo e di secondo grado o per mezzo di pure speculazioni autonome rispetto al testo, un altro aspetto alquanto ridondante è dato dalle vicende dei personaggi. Nel loro insieme, accade praticamente di tutto: malattie terminali, abbandono di figli, tradimenti e violenze sessuali, disagi degli immigrati, rapporti a tre, rapporti lesbici, incidenti, suicidi, presenza di cellule terroristiche islamiche, servizi segreti,… Insomma, in genere si dice “molta carne a cuocere”, sebbene non sia una delle mie espressioni preferite. Molti di questi accadimenti, però, anche in questo caso distraggono dal nucleo portante del romanzo e confondono un po’ il lettore. Sarebbe bastato ridurli di numero o di intensità per migliorare notevolmente il racconto (in questo anche auspicavo l’intervento di un editor per l’opera).
Stile. La scrittura è composta, attenta, senza sbavature. Decisamente un punto di forza. Spesso si incontrano delle domande, a volte anche lasciate in sospeso, nel senso che la scrittrice, più che descrivere, con una certa frequenza indugia su domande che già, però, sembrano avere in sé delle risposte. Non è un aspetto da criticare negativamente, in quanto personalmente la vedo come una forma e scelta stilistica.
Diverso è per l’io narrante. Chi narra è una collega di lavoro di Claudio. Ora, nel romanzo spesso si confonde quest’io, ben individuato, con quell’io onnisciente (incorporeo) che tutto sa di tutti i personaggi. A questo va aggiunto che alcune riflessioni dei personaggi vengono fatte in prima persona. Insomma, la confusione tra io narrante, io onnisciente e il parlato dei personaggi c’è.
Infine, prescindendo dal legame che alla fine, unisce i vari personaggi, un esperimento in fase di stesura del romanzo sarebbe stato quello di presentare una raccolta di racconti autonomi, sempre con un filo conduttore comune, piuttosto che un unico romanzo. È solo un’idea, un esperimento di scrittura che sasrebbe servito per capire come possa meglio uscire dalle pagine la “voce” dello scrittore.
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