Dettagli Recensione
Non male, ma mi aspettavo di meglio
Interessantissima e particolare la tematica trattata in questo libro, quella della morte volontaria, nei nostri anni definita eutanasia. Ma ancora più interessante è apprendere che nella Sardegna degli anni '50 questa era una pratica comune, affidata ad una persona che svolgeva l'incarico come se fosse un mestiere. Il libro è scritto molto bene (a parte la caratterizzazione dei personaggi che non mi ha soddisfatta), e soprattutto nella prima parte la storia mi è piaciuta in modo particolare, perché è stato come entrare a far parte degli usi e costumi antichi del popolo sardo, che a me personalmente erano del tutto sconosciuti. Oltre alla figura dell'Accabadora, è stato anche molto interessante conoscere l'usanza dei fill'e anima (figli dell'anima), quei bambini adottati senza alcuna forma di regolamentazione giuridica, e che di fatto venivano allevati dai genitori adottivi ma senza perdere contatti con i genitori naturali.
Poi però, nella seconda parte del libro, devo ammettere di non aver apprezzato per niente la parentesi torinese. Le prolisse descrizioni degli anni vissuti lì mi hanno profondamente irritata, perché tentavano di sviare dalla storia principale con particolari talmente inutili che ho pensato che quella parte fosse necessaria solo per allungare il libro (altrimenti forse troppo corto) di un altra ventina di pagine. E dopo questo inutile interludio, che ha avuto solo il potere di congelare il mio interesse iniziale per la storia, anche il ritorno in Sardegna con relativo e agognato finale mi ha lasciata un po' fredda e indifferente.