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La società opprimente
Dopo aver letto il bellissimo Fontamara ho voluto accostarmi a questo romanzo, scritto e pubblicato ventitre anni dopo, e che incontrò un consenso non unanime da parte della critica; del resto le opere di Silone fecero una certa fatica in Italia a trovare i favori non solo dei recensori, ma anche dei lettori, e si potrebbe dire che il successo sì venne, ma senza fretta, dopo un periodo di limbo in cui non si valutarono forse esattamente le doti di questo scrittore.
Se Fontamara si svolge in periodo fascista, Il segreto di Luca si può considerare ambientato nei primi anni ’50; protagonista è sempre la gente della Marsica, poveri contadini appena usciti dalla dolorosa esperienza della guerra, e quindi l’aspetto sociale è sempre presente, anzi per certi aspetti è ancor più predominante. La trama è quasi quella propria di un giallo, con un giovane politico di quei luoghi che ritorna al paese, forse a caccia di voti, ma che prende a cuore la vicenda di Luca Sabatini, un ergastolano graziato anche perché il vero colpevole del delitto di cui fu imputato in punto di morte confessa la propria colpa, portando a supporto i riscontri indispensabili. L’ex detenuto ritorna così al paese dopo otto lustri di reclusione, ormai vecchio, isolato, ma non dimenticato, anzi quasi osteggiato dalla popolazione. Perché Luca, benchè innocente, non si difese al processo? Perché non portò testimoni a suo favore? Il giovane politico, Andrea Cipriani, il cui padre era grande amico di Luca Sabatini, vuole conoscere la verità e soprattutto vuole sapere che cosa ci fosse dietro quel silenzio, che cosa nascondono i testimoni ancora viventi e che lui interroga. E’ un’indagine vera e propria, incalzante, con la tensione che si tende sempre di più come un elastico fino a che si arriverà al punto di rottura e ogni ombra sarà rischiarata, la nebbia sarà dissolta e finalmente si svelerà il segreto di Luca.
Il romanzo è condotto con mano ferma, senza incertezze e con una soluzione del mistero plausibile, anche se un po’ particolare, che porta a conoscere di un amore impossibile per la mentalità dell’epoca e dei protagonisti, che intuirono, Luca per primo, l’opportunità del processo per impedire di continuare a vedersi, lui in galera, lei ritirata in convento, benchè non monaca, ma fatta passare per pazza.
Come è possibile comprendere ci sono tutte le caratteristiche di un romanzone a tinte fosche, una specie insomma di romanzo d’appendice, ma Il segreto di Luca si differenzia molto da questi prodotti di facile consumo, perché quel che emerge è che in effetti il vero e unico colpevole è la società, le sue chiusure, le sue rigide regole non scritte che sono una ragnatela in cui invano si dibatte chi cerca di infrangerle, colpevole, anche se innocente, trattato con sospetto e ostilità anche quando Luca risulta non aver commesso il delitto di cui fu incolpato.
E’ una civiltà chiusa quella contadina, immobile da secoli, che vive, fra le mille difficoltà di far quadrare i conti, con le superstizioni, con una religiosità pagana che nulla accoglie del vero significato della parola del Cristo, e così può anche accadere che un amore sbocciato all’improvviso diventi una condanna senza appello, i cui protagonisti, membri di quella comunità, cresciuti a quelle regole, sono contemporaneamente carnefici e vittime di se stessi.
Il segreto di Luca non ha la portata dirompente di Fontamara, ma graffia egualmente e lascia un solco profondo, combattuto fra lo sdegno per una società opprimente e la pietà per due che osarono innamorarsi.