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Riportando tutto a casa
 
Riportando tutto a casa 2011-02-07 00:11:13 Vitaliano
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Vitaliano Opinione inserita da Vitaliano    07 Febbraio, 2011
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Buon l'ordito stilistico. Ma la trama dov'è?

Romanzo interessante se non altro perché ci fornisce un veritiero ritratto di quell’abisso - tutt’altro che compreso - che furono gli anni Ottanta in ...Italia. Altro che gli “anni da bere” rampanti, gli Ottanta furono l’incipit di una inesorabile caduta collettiva nella quale si va scivolando tuttora. Da rifletterci. Devo ammettere però che alla fine della lettura son rimasto un po’ deluso, forse erano troppe le mie aspettative, certo è che il personaggio-protagonista ringhia ma non morde affatto.

TRAMA : Bari, 1984: il luogo e l’anno da cui parte il romanzo di iniziazione di Nicola Lagioia, un libro dal forte impatto emotivo, che mi ha catturato sin dalle prime pagine. La storia raccontata in prima persona è la crescita in anni difficili del quindicenne protagonista: figlio di un piccolo rappresentante di biancheria da corredo e di una casalinga piccolo borghese, il ragazzo nei sogni dei genitori dovrebbe studiare in una prestigiosa scuola straniera, ma invece le circostanze lo pongono in una classe del locale liceo Baronio, dove incontrerà compagni diversi, due dei quali cambieranno la sua vita, Vincenzo e Giuseppe. I due ragazzi, diversissimi, rappresentano agli occhi del giovane narratore due poli opposti della vicenda che si svolge in quegli anni a Bari. Vincenzo è figlio dell’avvocato Lombardi,titolare dello studio legale più famoso della città; ma Vincenzo, bello e autorevole, ostenta legato al braccio un fiocco nero, che rappresenta in modo vistoso il lutto che ha subito poco tempo prima, allorchè sua madre è morta in un incidente d’auto. Il padre, dopo pochissimo, si è innamorato di una vistosa arrampicatrice sociale, la venticinquenne Sabrina, da cui l’odio che il ragazzo nutre per suo padre. Giuseppe, invece, dai capelli rossi e dal fisico abbondante, è il ricchissimo figlio di un carpentiere che ha racimolato fortuna economica tanto velocemente da non poter non destare sospetti. Privo di cultura e di stile, il ragazzo ostenta la sua pacchiana ricchezza con gli amici ai quali elargisce doni, compagnia, droga, finto benessere. Presto il mondo dentro il quale si aggirano questi adolescenti mostra il suo vero drammatico volto: connivenze con la criminalità organizzata che sta compiendo la sua escalation in città mettono a rischio gli adulti genitori dei nostri protagonisti e i ragazzi stessi che finiscono nel tunnel della droga, della violenza in una periferia barese, il quartiere di Japigia,che Lagioia ci descrive come un Bronx nostrano, più triste e squallido delle omologhe periferie americane.

Ci sono libri che i figli di un decennio aspettano, covano. Chi negli anni Ottanta andava a scuola aspettava da tempo un libro che raccontasse quell’epoca, e ne raccontasse le“regole del gioco”. E non come fondale, ma riconoscendo a quelle stesse regole il ruolo di protagonista. Eccolo il libro! Qual è il suo significato segreto? A me è sembrato essenzialmente quello – di non poco conto nellavita di ogni uomo – in cui, nelle rapide della prima giovinezza, s’avvista il senso (che spesso è un non senso) del mondo. Ciò accade al protagonista-narratore del romanzo e ai suoi amici e compagnidi socializzazione Giuseppe e Vincenzo; quando l’appercezione del mondo si esperisce in quell’età – e, diciamolo con decisione, avviene solo inquell’età con tale forza e dolore – il senso del mondo non può che essere intravisto come cadendo dalla tromba delle scale. Tanto più se aggiungi al vortice naturale quello artificiale delle droghe.

Nicola Lagioia dimostrain questo libro di possedere sguardo e temperamento di notevole livello.A me è piaciuta innanzitutto l’arzigogolata forza delle immagini,la qualità metaforica della scrittura, dove per metafora non intendo semplice ornamento, ma cifra insostituibile della scrittura, mezzo per affermare, in una rivelazione improvvisa, l’inafferrabile essenza delle cose. Si può star certi,insomma, di portare a casa uno sguardo nuovo, un modo arricchito di vedere le cose. Altro indice di qualità è il fatto di trovarsi di fronte ad un romanzo di “rivelazione” (finalmente, dopo i tanti noir degli ultimi anni che hanno saturato il mercato e fatto troppo parlare di sé; libri di facile vendita appunto perché romanzi di “risoluzione”, fondati su una struttura precostituita, a tema, con i colpi di scena disseminati ad hoc, la suspense, i risvolti narrativi per tener desta l’attesa del mediocre lettore). Un romanzodi “rivelazione”, invece, rinuncia alla facile architettura dello scioglimentodegli enigmi, niente trabocchetti narrativi, tutta l’attrattiva sta nella qualità della prosa con cui ci viene svelato il soggetto del racconto, nel nostro caso il ritratto di certi anni Ottanta. Il risultato è che oltre all’intrattenimento e alla distrazione siamo di fronte soprattutto ad un canale di conoscenza.

La strategia redazionale di Lagioia, inoltre, prevede di interpolare alla storia narrata alcuni lacerti della Storia nazionale e internazionale. La piccola storia barese si interseca così con la vicenda dei Reagan, Thatcher e Gorbaciov; e accanto al ritratto di famiglia del sud ecco comparire, ad esempio, una stupefacente fenomenologia del Drive-in - trasmissione che in quegli anni faceva irruzione nelle case degli italiani segnando la nascita della comicità gratuita e scadente – o ancora la spettacolarizzazione della violenza in televisione, prima col fatto di cronaca del bimbo Alfredino caduto nel pozzo a Vermicino, e poi con le vicende tragiche dei fatti dell'Heysel durante la finale di Coppa Campioni Liverpool – Juventus.

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"Pastorale americana" di Philip Roth e altri suoi romanzi
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