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Il sorriso di Angelica
 
Il sorriso di Angelica 2010-11-01 19:01:46 Arcangela Cammalleri
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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    01 Novembre, 2010
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Il sorriso di Angelica di Andrea Camilleri

Nella nota alla fine del libro Andrea Camilleri parla del motivo ispiratore de Il Sorriso di Angelica; a Roma, qualche tempo fa, una banda di ladri ha svaligiato numerosi appartamenti con la stessa tecnica descritta nel romanzo, da questo fatto di cronaca ha desunto la traccia da dove prende l’avvio la storia, ma per quali tortuosità poi, prosegue e finisce, lo sa solo la sua fantasia.
Incipit medesimo: arrisbigliamenti di Montalbano, questa volta non è solo nel letto, c’è Livia, ma ha già dimenticato la sua presenza dormiente. Il romanzo inizia con un sollenni moto di gelosia di Montalbano e nel corso della narrazione Salvo sarà geloso, furioso e libidinoso ai limiti della lascivia.
Una serie di furti nelle case di noti professionisti animano il commissariato di Vigàta, Montalbano è alle prese con questi reati e come sempre diventa una partita personale tra lui e l’autore o gli autori dei medesimi reati. A scompaginare la faccenda, la presenza di una bella trentina, di Trieste, di “stanza” a Vigàta, pardon, cassiere capo alla Banca siculo americana, anche lei vittima di questi ladri, che farà perdere il lume della ragione a Salvo. La vicenda giudiziaria si complicherà a seguito di due omicidi, ma questo farà parte delle indagini il cui corso lo lasciamo a tutti quelli che leggeranno il libro.
La presenza che primeggia e dà il titolo al romanzo è femminile, quei ritratti di femmina che forse sono retaggio della gioventù dell’autore, in questo caso contaminato da reminescenze letterarie, ma così conturbanti e di bellezza dirompente da far uscir di senno. Il primo incontro è un’apparizione metafisica, la donna di carta, l’Angelica dell’Ariosto che s’incarna nella realtà. “Era precisa ‘ntifica, ‘na stampa e’na figura, con l’Angelica dell’Orlando furioso, accussì come lui se l’era immaginata e spasimata viva, di carne, a sidici anni, talianno ammucciuni le illustrazioni di Gustavo Doré che so zia gli aviva proibito”. E’ solo il principio di una passione tanto improvvisa quanto tardiva; non è la prima volta che il nostro eroe si trova invischiato nelle maglie degli spasimi amorosi e di esserne letteralmente travolto come un adolescente, infatti frammisti, sono inseriti due versi della poesia di Cardarelli Adolescente “Un pescatore di spugne,/avrà questa perla rara”. La confusione fatta tra il sogno di picciotto, ogni pensiero ed incontro con Angelica sono intercalati da versi dell’Orlando Furioso, e la realtà di uno squasi sessantino, lo rendono ridicolo, non era dignitoso per un uomo come lui dare di sè spettacolo indegno e miserabili. Sensi di vrigogna e pentimenti non gli impediscono di abbandonarsi con tutti i sensi tra le braccia di Angelica “ Pieno di dolce ed amoroso affetto/alla sua Donna, alla sua Diva corse/che con le braccia al collo il tenne stretto…
Il commissario romanzo su romanzo si priva della sua scorza esteriore e si disarma di volta in volta che l’età avanza, la sua è un’anàbasi indotta dall’incalzare del tempo che ce lo rendono sempre più indifeso, solo, e la sua millantata ed incauta improntitudine è una difesa sempre più debole. Le sue sfuriate memorabili, i suoi colpi di scena sono in difetto rispetto ai suoi dialoghi interiori in cui il suo io ha il sopravvento.
Mentre Salvo acquista sempre più sfaccettature introspettive e sembra uscire dalle pagine scritte come la vagheggiata Angelica, gli altri personaggi, senza sminuirli, sono cristallizzati nei loro ruoli come maschere teatrali. Se di teatro si tratta con tutte le messinscena immaginabili, quello di Camilleri è imperdibile, da teatro di prestigiosa memoria.
La scrittura sta subendo una irreversibile mutazione verso la lingua dialettale, una naturale anastomòsi più involuta e più aderente alla tradizione orale, direi ermetica, nei suoi vocaboli così fissati nel tempo, la lettura diviene un esercizio acrobatico, linguistico-espressivo anche per chi siciliano è.
Senza enfasi né lodi sperticati chioserei con uno slogan trito e un po’ frivolo: Camilleri è sempre Camilleri e…Montalbano è sempre Montalbano anche quando corre il rischio di essere nazional- popolare o considerarlo solo un marchio di garanzia.

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