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Follia o creatività?
E’ certamente molto particolare, questa figura di nonna,raccontata da Milena Agus nel suo ultimo libro “Mal di pietre”. Una nonna, la cui vita, colorata soltanto dal desiderio inestinguibile, dall’immaginazione piu’intensa e da un’esagerata creatività interiore, scambiata per pura follia, si snoda in piani paralleli tra passato e presente, tra sogno fortemente agognato e realtà concretamente vissuta. La nipote, io narrante del romanzo, ricevendone le memorie segrete dalle mani del caso, decide di raccontarne le vicende, trasponendo sulla carta, non solo la storia di una donna, ma di intere generazioni di donne, colpite da un’incompletezza esistenziale che si nutre di insopprimibili fantasie che assecondano lo scorrere dei giorni, rendendo sopportabile la mancanza di amore e passione,la mancanza della “cosa principale”,l’unica e sola che puo’ muovere il mondo e rendere più lieve il passo del vivere. Veniamo così affascinati dall’immagine di questa donna che ci incanta, con i lunghi capelli neri che non si arrendono al tempo, i seni floridi, il corpo voluttuoso, una spiccata sessualità, con la testa “pren’e bentu”,un vento che confonde la mente,allontanando dall’anima ogni concretezza e risucchiando, dentro ogni fibra aneliti di fantasia fino a riempirla di un’ardente immaginazione che sfiora la dissennatezza.Un mal d’amore, un mal di vivere, assimilabile al “Mal di pietre”, una visione onirica che viene solamente lambita dalla realtà storica circostante, che pur entra prepotentemente in essa, a riprova che gli eventi esterni possono riuscire a mutare gli eventi intimi, fino a lasciare tracce profonde capaci di interrompere le idee piu’ immaginifiche. Ma, è anche vero il contrario, che l’inventiva può essere d’aiuto nell’attraversare la storia e la vita stessa, portando colore e luce laddove non esisterebbe che un grigiore uniforme e creando un contrasto tra fantasia e realtà che può essere immensamente salvifico o considerevolmente limitante.In uno scenario,che dipinge abilmente non solo Cagliari, ma anche città come Milano, Genova e una parte di Sardegna, in accurate e veritiere descrizioni che materializzano nella mente,non solo la visione, ma anche il profumo ed il sapore di quei luoghi, riaffiora un’evanescente sentimento di nostalgia, quella “ cosa triste ma anche un po’ felice” che,come una musica,accompagna questa donna la cui esistenza fu un attimo di estasi ma poi fu “tante altre cose”. E pagò per tutti, col proprio disordine interiore, non lasciandolo in eredità a nessuno, ma assumendolo completamente in sé, perché “in ogni famiglia c’è sempre uno che paga il proprio contributo perché l’equilibrio fra ordine e disordine sia rispettato e il mondo non si fermi”.