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Il novecento italiano in 322 pagine
Quello che può sembrare impossibile a volte si avvera ed è così che Sebastiano Vassalli ci offre con Le due chiese un grande e prezioso affresco del XX secolo in Italia. Giunti alla fine del libro c’è lo stupore di avere letto la storia del nostro paese in un romanzo scritto con uno stile innovativo, ma di notevole e rara efficacia.
Gli anni, i fatti, le rivoluzioni, le guerre sono viste in un microcosmo costituito da un piccolo paese alpino, Rocca di Sasso, nome inventato come quello della montagna che lo sovrasta, il Macigno Bianco, ma, conoscendo Vassalli è certo che corrispondono a entità reali, almeno nelle loro linee generali. E del resto le descrizioni paesaggistiche sono così puntuali e sicure nel tratto che non possono che essere il frutto di una visione diretta da parte dell’autore. E’ assai più probabile, invece, che i personaggi risultino di pura fantasia, fatta eccezione per il maestro Prandini, insegnante elementare, socialista, dapprima contro la guerra, poi ad essa favorevole, tanto che vi parteciperà coprendosi di gloria, e infine fascista della prima ora, onorevole, sgherro della repubblica di Salò, condannato poi a morte e fucilato.
In questo protagonista si ravvisano infatti alcuni tratti familiari, propri di Benito Mussolini, anche se la somiglianza è pur generica, ma non tanto da non indurre al sospetto (al riguardo basti pensare che l’amante giovanissima si chiama Clara…).
Quello di Rocca di Sasso è agli inizi del secolo un mondo fermo, in cui i giorni, scanditi dal ritmo delle stagioni, sono senza sussulti, con una comunità coesa dallo spirito religioso espresso non solo con l’assiduità alle funzioni, ma anche con l’edificazione di templi, che nella zona sono un centinaio. Sopravvivono nel ricordo degli avi, nelle superstizioni che portano a individuare il paradiso oltre la cima del grande Macigno Bianco e l’inferno sotto i suoi ghiacci eterni. Nascite, matrimoni, morti si susseguono con una monotona regolarità, in una vita dura, di fatiche quotidiane per contrastare la miseria. E’ vero che ci sono in giro teste calde che aspirano a una rivincita del proletariato, ma i più sembrano disinteressati, oppure rassegnati, nonostante che sia stato un maestro di musica della valle a comporre L’Internazionale.
Sarà la prima guerra mondiale a scardinare per prima le porte di quest’eremo, con i coscritti che, per supplicare la salvezza della vita, costruiranno una chiesetta.
Ne torneranno pochi e non tutti integri, ma questi reduci decideranno di innalzare un altro tempio, come ringraziamento per averla scampata. Lo spirito però è diverso, perché la guerra ha cambiato profondamente uomini nel complesso semplici, abituati a un evolversi secondo antichi stilemi e messi improvvisamente di fronte alle barbarie di un conflitto e alla paura di soccombervi.
Prandini, pluridecorato, non crede più alla dittatura del proletariato, ma solo al proprio tornaconto personale, che lo porterà ad abbracciare il fascismo. In netto contrasto è invece Ansimino, uomo di cuore che ha nelle mani l’intelligenza, fedele a se stesso, coerente prima e dopo.
Saranno loro a due a lasciare una traccia, così come nei secoli precedenti lo erano stati L’Eretico e il Beato , come la luce e il buio, il bene e il male.
Terminata la seconda guerra mondiale, a cui in verità Vassalli ha dedicato poche pagine, nel trionfo del tecnicismo piano piano scompare Rocca di Sasso, non come paese, ma nella sua atmosfera, con i templi sempre meno gremiti di fedeli, spesso vuoti di parroci, con le due chiese, quella dei coscritti e quella dei reduci, abbattute per far posto a un parcheggio, con la vecchia officina di Ansimino adibita a Centro culturale islamico
Resta solo il Macigno Bianco, eterno spirito della natura, non toccato dalla furia degli eventi; alla illusione di una dittatura del proletariato si è sostituita la speranza più equa e quindi irrealizzabile di un domani in cui l’Internazionale sarà il genere umano.
Scritto con grande abilità, venato da una provvidenziale e feconda ironia Le due chiese è un romanzo imperdibile, la conferma dell’elevato valore di Sebastiano Vassalli, di cui ho avuto già modo di apprezzare lo splendido La chimera.