Che la festa cominci
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Ammaniti in tono minore
Un party epico in una delle location più affascinanti di Roma è il pretesto usato da Ammaniti per dipingere un moderno spaccato di vita mondana nell'Italia dei nostri giorni. L'imprenditore immobiliare Sasà Chiatti, personaggio che definire di dubbia onestà è un eufemismo, dopo aver comprato e ristrutturato a modo suo la bellissima Villa Ada, polmone verde della Città Eterna, decide di organizzare una sorta di festa di inaugurazione. Gli invitati ovviamente non sono gente qualsiasi: politici, calciatori, star del cinema e della televisione, scrittori, chef stellati e ogni sorta di vip del Bel Paese e non. Il povero lettore, non avendo ricevuto alcun invito, non può far altro che vivere l'evento attraverso chi ci è stato. Eccolo allora intento a seguire Fabrizio Ciba, scrittore di punta del panorama letterario italiano, e Saverio Moneta detto Mantos, impiegato presso la ditta del suocero nonché capo spirituale della sgangherata setta satanica che risponde al nome di Belve di Abbadon. Due personaggi diametralmente opposti: famoso, affascinante, sicuro di sé fino a diventare spocchioso il primo; frustrato, vessato continuamente da moglie e suocero, scoraggiato dai continui insuccessi il secondo. Fabrizio entra a Villa Ada dalla porta principale, quale invitato di grande importanza. Saverio è costretto invece ad imbucarsi, insieme ai suoi adepti, travestendosi da cameriere. I due sono accorsi all'esclusivo party per motivi diversi, trovandosi però interessati alla stessa persona, la cantante Larita, ex rockettara satanista convertita al cattolicesimo. Ma mentre Ciba vuole conquistarla, Mantos e i suoi seguaci vogliono sacrificarla a Satana per poi terminare l'impresa in un suicidio di massa. Chi dei due riuscirà nel proprio intento? Le aspettative degli invitati riguardo alla festa saranno soddisfatte? E quelle del lettore nei confronti del libro? Per avere risposta alle prime due domande è necessario leggere il romanzo, alla terza si proverà a rispondere qui. La risposta, purtroppo, non è positiva. Se fin dalle prime battute appare chiaro che ci si trova davanti ad un Ammaniti in tono minore, la lettura, al netto di qualche eccesso di volgarità e qualche luogo comune di troppo, scorre piacevole per buona parte dell'opera, aiutata da una scrittura veloce, briosa, moderna e da una dose di simpatica comicità. L'autore da un lato mette in ridicolo gli eccessi, le trivialità, le ipocrisie del mondo dello spettacolo, della politica, dell'editoria. Dall'altro, nelle parti dedicate alle Belve di Abbadon, si sofferma sulla noia, le frustrazioni, i problemi della gente comune, alle prese con una vita quotidiana mai facile e che troppo spesso regala pochissime soddisfazioni e soffoca sogni, aspirazioni, desideri. Ma più si va avanti nella lettura più appare lampante una certa confusione da parte dello scrittore che non si capisce bene dove voglia andare a parare, fino ad avere il sospetto che il libro diventi vittima delle sue stesse critiche, impantanandosi poi nella patetica storia degli uomini talpa sfuggiti al regime sovietico e culminando in un finale bruttino, banale e incapace di trasmettere emozioni. Ammaniti ci ha abituati a ben altro.
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Divertente e DIssacrante, a tratti capriccioso
Seconda lettura di Ammaniti dopo l'ormai quasi classico "Io non ho Paura", divorato cinque-sei anni fa ormai.
Qui il tono è molto diverso, più maturo e dissacrante. La prima parte decisamente divertente, la seconda e la terza meno incisive e più narrative, con qualche sbavatura nello stile comunque discretamente gradevole, seppure un po' piatto.
La storia è molto originale, e anche dei personaggi non perfettamente caratterizzati riescono a renderla piuttosto avvincente e interessante.
Tuttavia, a colpirmi molto in questo libro è stato un particolare molto umano.
I suoi protagonisti, dallo scrittore Fabrizio Ciba al disperato Saverio detto Mantos, sono uomini incredibilmente capricciosi. Cambiano idea nel giro di poche pagine, con un naturalismo e una naturalezza molto veritieri.
Da macchiette caricaturali, uomini ricchi di difetti e di paure, questa peculiarità più di molte altre contribuisce a rendere il romanzo sufficientemente affascinante per una lettura disimpegnata.
Dunque? Val la pena questo libro di Ammaniti? Certo che sì, se si sa a cosa si va incontro e se si è disposti a perdonargli qualche capitolo sbagliato, un po' di confusione e qualche sgambetto formale.
L'idea è buona, sicuramente.
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Italian decadence
Una grottesca ed esasperata rappresentazione (tanto esasperata da sfociare spesso nella caricatura) del degrado che ormai invade la nostra società, in cui l'ipocrisia, il cinismo, il desiderio di apparire e la necessità di emergere dalla massa, di evadere dalla monotonia del quotidiano hanno ormai annullato ogni traccia di umanità, di sentimenti tanto nobili quanto anacronistici, portando via ogni speranza di un cambiamento in meglio.
Ed il marcio è così tanto radicato da creare una voragine che ingoia tutti indistintamente, ricchi e poveri, vip e non vip, prede e cacciatori, santi e satanisti...
Ed è così che la festa del secolo, quella organizzata dall'imprenditore corrotto Sasà Chiatti nella splendida scenografia di villa Ada, acquistata e ristrutturata per l'occasione e trasformata in una sorta di zoo safari per la gioia e la soddisfazione degli istinti primordiali e predatori dei suoi ricchi e famosi invitati, si conclude poi con una vera e propria apocalisse.
Beh, certo, bisogna ammettere che non è stato facile 'digerire' la 'partecipazione straordinaria' alla festa degli uomini-talpa, un gruppo di atleti russi fuggiti, durante le Olimpiadi romane del 1995, dal comunismo sovietico e rifugiatisi nel sottosuolo di Villa Ada riducendosi, anzi regredendo così, allo stato di uomini primitivi.. rappresentano metaforicamente il nostro destino, il nostro futuro? come se l'unica alternativa alla decadenza sia cancellare tutto e ripartire dall'inizio? mah!
Ironico, sarcastico, pungente quando mette in mostra le debolezze dei suoi personaggi, la vacuità della loro vita, le assurdità elevate a normalità, Ammaniti riesce spesso a strappare un sorriso ma non basta.. rimane comunque poco incisivo.
"Se non esistono più regole etiche ed estetiche le figure di merda decadono di conseguenza"
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un batter d'occhio
Due storie lontane anni luce si ritrovano a vivere una della feste più “folli” della storia di Roma.
Da una parte un satanista fallito che vuole portare a compimento un sacrificio umano per assurgere al ruolo di leader del movimento satanico nazionale; dall’altra uno scrittore sull’orlo del fallimento che non trova più stimoli e vive sull’onda, lunga, del suo grande successo in attesa di essere rimpiazzato dalla sua stessa casa editrice…. intorno confusione, ricerca di visibilità, esasperazione e fuga dalla normalità, piatto, ahimè, sempre più indigesto per “l’uomo” contemporaneo.
Questo è il tema centrale di “Che la festa cominci” romanzo dello scrittore italiano Niccolò Ammaniti, pubblicato da Einaudi nel 2009.
Il libro tocca talmente tanti temi e in una maniera così “spassosa” e divertente che ti ritrovi a sorridere anche di aspetti per i quali, versare due lacrime di commiserazione, non sarebbe poi una cosa difficile! Il dramma è che, nella fantasia, si trovano tracce di una realtà dilagante in Italia che affonda le sue radici nella perdita di senso e di consapevolezza dell’essere adulto nella continua ricerca del “piacere” in tutte le sue forme e sostanze e nell’allontanarsi da ogni forma di responsabilità come se il “memento mori” non fosse un monito per costruire ma per “divertirsi e godersela”.
Naturale che queste siano opinioni che io, e la mia storia, estrapoliamo dal libro che rimane, comunque, un capolavoro da leggere in un batter d’occhio! Il problema è nel chiudere l’occhio di fronte al dramma che ci viene sub-presentato, diventando colpevoli di omissione. Ma questa è la giostra sulla quale siamo saliti e, alla velocità alla quale viaggia, non c’è quasi permesso di riflettere sulle domande profonde lasciandoci il gusto della superficie delle cose in modo da non cogliere il problema nella sua essenza ma solo nella forma.
Se non capite l’ultimo pensiero fatevene una ragione, ho provato a scrivere di getto, non ho voglia di rileggerlo e il bimbo piange!
Buona lettura!
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Elpi-logo n. 17 - E' qui la festa?
Un romanzo un po’ “sopra le righe”, questo di Ammaniti.
Un bizzarro riccastro, Sasà Chiatti, organizza una festa strampalata, alla quale invita VIP e sedicenti VIP dello spettacolo, dello sport e della politica. Teatro della festa è il parco di Villa Ada, acquistato dal Comune di Roma e adattato alle insolite attività nelle quali la festa verrà declinata (è previsto perfino un safari!).
Tra gli invitati c’è anche lo scrittore di successo Fabrizio Ciba, in cerca d’ispirazione. E Mantos, leader delle “belve di Abaddon”, setta di Oriolo Romano sull’orlo dello scioglimento. Per rivitalizzare la setta, il leader propone di assassinare la cantante Larita, ex satanista ora convertita al cattolicesimo.
La festa – nell’intrico dei partecipanti, tutti dediti a perseguire scopi personali – degenera ben presto: il safari lascia sul campo alcune vittime e la confusione prevale quando un gruppo di persone (i ciccioni), abitanti delle catacombe sotterranee di Santa Priscilla, riemergono dopo anni di vita sotterranea, per razziare cibo e massacrare gli invitati. Perché “i ciccioni” sono discendenti e mutazioni degli atleti sovietici che parteciparono alle Olimpiadi di Roma del 1960, dissidenti clandestini fuggiti all'oppressione del regime comunista dell’Unione Sovietica di quegli anni.
Satira truculenta dei malcostumi italiani?
Dileggio del mondo fatuo e viziato di VIP che non si comprende a cosa debbano il nomen di “persone importanti”?
Atteggiamento beffardo nei confronti dell’originalità forzata e ricercata in modo spasmodico?
A me, questo romanzo, a tratti umoristico, a tratti eccessivo, è sembrato inquinato dagli stessi mali che vorrebbe flagellare.
Bruno Elpis
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Che la festa cominci
E' stata la mia prima lettura di Ammaniti. Devo ammettere che è scritto davvero benissimo: un gran stile.
Però non ho apprezzato PER NULLA il cambio di marcia della seconda parte del libro.
Bella invece la critica graffiante nei confronti di un certo popolino vip...
Vi ricordate il film DAL TRAMONTO ALL'ALBA? Ecco ho vissuto la setssa sensazione: una buona idea che per sconvolgere si trasforma in horror.
Una cosa è certa: tornerò a leggere altro di Ammaniti
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Alla fine è sempre il solito ironico, surreale
E' il quarto libro di Ammaniti che leggo. All'inizio ero un po' deluso. Dopo aver letto "Fango", "Come Dio Comanda" e "Ti Prendo e Ti Porto Via" non mi ci ritrovavo. Mancavano molti tratti che avevo amato negli altri libri, il ritmo era fin troppo lineare. Certo, due storie completamente diverse, ma mi chiedevo dove fossero finite le infinite storie di gente a caso (e pensare che qui alcuni si lamentano del fatto che in questo libro vengono descritti fin troppo i personaggi secondari... ahahahah!), dove fossero quegli elementi surreali, tragicomici... Poi, man mano che la lettura va avanti tutto torna. L'ironia, l'assurdo, le infinite storie che si incrociano, l'amarezza. Libro deludente a metà, ma io di Ammaniti mi sono innamorato!
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ironico e ben scritto
E' un libro molto ben scritto, scorrevole, ironico, per nulla banale, surreale ma non da stravolgerti. I contrasti che Ammaniti è capace di descrivere con l'accostamento di due parole sono magistrali ed esilaranti. E questo dalle prime righe.
in questo libro ci sono tante cose, anche importanti.
Parla di sentirsi soli e incompresi, parla delle piccole viltà dell'uomo, delle ipocrisie e delle bassezze, ma anche di amore, e anche di morte.
La storia è avvincente, costruita benissimo. Il libro non è mai stagnante o noioso, io l'ho letterlamente divorato. Lo consiglio? sì, assolutamente.
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Quando la festa comincia, è la fine del libro
Il libro parte bene, parte alla grande, il fatto che ci siano due storie che sembrano non aver niente in comune: dei ragazzi che fanno parte di una setta satanica e uno scrittore che cerca un po' se stesso e un po' di donne per fare quello che più gli parte. Ricorda un po' "ti prendo e ti porto via" stesso stile, storie parallele che finiscono per intrecciarsi. Ma mentre "Ti prendo e ti porto via" l'intreccio è veramente fatto vene, qua qualcosa davvero non ha funzionato, si cade sul surrealismo, su delle banalità da scrittore di fantascienza di prima media. Il pezzo delle catacombe è uno dei più brutti... doveva finire velocemente il libro? sembra che tutto sia buttato la da quando la festa inizia e più va avanti più lo scrittore secondo me capisce di essersi buttato a descrivere cose che son più grandi di lui, diamine non è un Ellis!!! non è capce di descrivere tutte le marche che ha adosso una persona, non gli riesce... riesce a scandegliare secondo me molto bene lo stato d'animo, per le scene di caccia, i mondo vip .... ammaniti lascia perdere. comunque il modo di scrivere mi piace molto, e l'ho finito in poco più di una settimana, ma il contenuto è pressoche inesistente. Poi uno scrittore che dice che i suoi approfondimenti storici son stati fatti su wikipedia..... mi lascia un po' così cadere le braccia.... ma chi sei Fabio volo? boh ... ammaniti, accontentati di meno soldi la prossima volta, ma cerca di fare libri un po' meno "buttati la"
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amara ironia
Una strana sensazione mi ha colto al termine di questo libro. Qualcosa di non ben definibile a parole, una sensazione “di pancia”, intensa… un non voler credere ai propri occhi davanti a una realtà che ci sconcerta. Ammaniti ,con il suo stile ironico, dissacrante, a tratti onirico rappresenta situazioni surreali indagando senza remore nella meschinità umana. In questo sta la sua bravura , credo: nel rappresentare situazioni immaginate( ma assolutamente verosimili)che, senza bisogno di grandi sproloqui, lasciano riflettere, magari anche con una risata, sul mondo che ci circonda.
Già, perché mentre leggevo il libro più volte mi sono domandata: ma questa che leggo, potrebbe essere la realtà? E tutte le volte mi sono risposta che sì, purtroppo lo è.
A Villa Ada, storico parco di Roma, si prepara una festa colossale in onore di un palazzinaro arricchitosi in modo ambiguo; in tale sede si dipanano le vicende parallele di Saverio Moneta, impiegato di mobilificio e satanista a tempo perso, e Fabrizio Ciba, scrittore intellettualoide completamente ripiegato su se stesso. Tutto il “ bel mondo” di star e starlette varie della Tv accorre, chiassoso e sbrilluccicante , a questo evento “imperdibile”: tutto per ottenere il famoso quarto d’ora di celebrità, incurante di ogni cosa che non siano il proprio aspetto, il proprio guadagno e la propria immagine.
Esilaranti i non troppo convinti adepti della setta di Saverio, che più che un rituale satanico sembrano preparare una grigliata… oppure il chirurgo plastico che, candidamente, dichiara che il tempo delle figuracce, il tempo in cui si provava ancora vergogna per qualcosa, “è morto e sepolto. Se n’è andato col vecchio Millennio”.
Alla festa, trionfo del kitsch, accade di tutto : il maldestro tentativo di Saverio & colleghi di effettuare un rito, e con ciò trovare un senso alla propria vita, scatenerà un vero e proprio caleidoscopio di eventi tragicomici, con un finale inatteso e onirico, proprio dello stile dello scrittore.
Immagini forti, dialoghi surreali e ossessioni narcisistiche completano il quadro, stappando non di rado una risata e suscitando una riflessione, non troppo ottimistica, su cosa significa essere e apparire oggi.
“…Aveva capito che era necessario fare cose straordinarie(non necessariamente intelligenti) per farsi notare”.
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Un'escalation di terrore
Il primo Ammaniti, quello acerbo che usava la crudezza per suscitare il disgusto e la reazione certa da parte del lettore è sempre presente e lo ritroviamo sicuramente in questo libro. A questo suo "cannibalismo" si aggiunge una costruzione più sicura e matura del racconto, creando delle micro situazioni destinate al percorso che ciascuno dei suoi personaggi compie. Forse questa scelta può apparire artificiosa e a tratti forzata, ma è complementare al raggiungimento di un certo climax che altrimenti con una scrittura lineare e consequenziale non avrebbe sicuramente ottenuto.
Personalmente lo trovo un libro avvincente, per nulla banale. Descrive l'abbandono, la solitudine e la disperazione. Ci spiega come può la nostra mente reagire talvolta a situazioni senza via d'uscita, senza davvero esagerare se pensate.
Leggetelo e poi ditemi se non vi ricorda certi casi di cronaca recenti.
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Brodo TRASH ! Il brodo più annaccquato che c'è!
Utilizzare due storie completamente diverse che si svolgono contemporaneamente e finiscono per intrecciarsi poteva essere un metodo interessante.
Un poco come quei brani dei Beatles che partono romantici e poi svelano un'anima rock.
Invece la storia raccontata è assolutamente stereotipata e senza alcun approfondimento dei personaggi.
Anzi questi, tantissimi e di cui molti assolutamente inutili al racconto e tutti tracciati esclusivamente con i loro caratteri morfologici ed fisiognomici, sono utilizzati come la doppia riga quando dovevamo fare un tema al Liceo e le idee languevano : allunga il brodo.
La storia poi è assolutamente incosistente!
BOCCIATO!
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Una grottesca Apocalisse urbana
Maestro nel tratteggiare con grande ironia le degenerazioni umane, Ammaniti narra in questo romanzo della più grande festa che la storia moderna di Roma ricordi.
A tale mondano evento, organizzato dal discusso palazzinaro Sasà Chiatti, sono invitati politici, calciatori, attrici, modelli, registi, ed il lettore potrà viverlo in prima persona attraverso la narrazione del rampante scrittore Fabrizio Ciba, del satanista infiltrato Saverio Moneta, o degli altri invitati alla festa del secolo.
Come già nel racconto L’ultimo capodanno dell’umanità, Ammaniti accompagna il lettore nel crescendo degli eventi, in un piacevolissimo climax di incroci fra i diversi protagonisti, culminante in una grottesca e tragicomica Apocalisse, che vedrà addirittura l’intervento di misteriosi abitanti delle catacombe romane (quasi un tributo a Lovecraft).
Un romanzo gradevole, ironico, dai personaggi tratteggiati con grande ironia, critico verso i cliché del mondo della bella vita romana; una lettura appassionante, leggera, lontana dalle atmosfere plumbee del precedente Come Dio comanda.
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AMMANITI DI NUOVO AMMANITI.
Un altro Ammaniti per antonomasia.
Non c'e' storia d'amore ne' finale da batticuore ma l'ironia e' immancabile.
Una parodia dei nostri tempi, portata all'estremo per gli eventi pazzeschi che poi tanto pazzeschi non sono...
La superficialita' della gente, il magico mondo "droga sesso successo e silicone " dello star system, la vita umana che sembra avere sempre meno valore.
Ebbene si signori e signore : l'autore ci fa ridere, un sacco a mio parere, e lo fa proponendoci delle pagine talmente assurde che poi non ti resta che fermarti un istante e chiederti quanto la realta' disti dalla fantasia dell'autore.
Per chi ama lo scrittore, sicuramente da aggiungere alla libreria.
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L'ultimo capodanno (10 anni dopo)
Ammaniti ritorna alle origini e rispolvera le atmosfere surreali di Fango e di Branchie, conducendo nuovamente i lettori in un mondo tragico ed allo stesso tempo divertente, popolato di uomini e di donne che, pur nella loro eccessività, rappresentano tutti i difetti degli Italiani di oggi.
Così come l'Ultimo Capodanno raccontava l'Italia degli Anni '90 e sempre attraverso la metafora di una festa, questo nuovo libro di Ammaniti parla dell'Italia del 2000, dei palazzinari arricchiti di dubbia provenienza che sposano modelle e/o attrici, della sub-cultura italiana che trova spazio solo nei talk show televisivi, degli scrittori che più che bravi sono belli,dell'ignoranza della c.d. Upper Class che osanna lo scrittore televisivo ed ignora un Premio Nobel, della frustrazione profonda della "gente comune".
Ammaniti torna ad essere, dopo la parentesi brillantemente tragica di "Come Dio Comanda", di nuovo lo scrittore comico, brillante, dissacrante, costruttore di trame tanto intricate quanto perfette che avevamo conosciuto.
Bentornato!
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Paradosso contemporaneo
Da un lato, l'Italia peggiore che conosciamo. Quell'Italietta fatta di apparenze, di eccessi, di finti intellettuali, che nella penna di Ammaniti superano l'essere la caricatura di se stessi (cosa che putroppo sono giá nella realtá, senza che ci sia bisogno di ricorrere alla finzione letteraria) per diventare grotteschi e paradossali.
Dall'altro, personaggi in cui si miscelano il malessere della triste provincia, uno sguardo irriverente sulla cronaca, leggende suburbane.
Il tutto per offrire al lettore uno spunto di riflessione, se non una critica della nostra societá, nello stile e nel linguaggio che rende Ammaniti riconoscibile fra tutti.
Condivido l'opinione di chi non lo ritiene il migliore fra i romanzi di Ammaniti, ma sicuramente da leggere.
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una festa paradossale
Ammaniti è un genio!
Credo che questo libro la dica lunga sulle capacità dell'autore. Soggetti paradossali ma verosimili, situazioni ancora più paradossali e sempre meno verosimili, il tutto con una narrativa fluida ed incalzante che tra le pieghe a tratti senza filo logico fa risaltare varie personalità, spettri e sfacettature della nostra società..con uno stile ironico ed introspettivo che trovo solo in questo autore.
A mio modesto parere il miglior libro di Ammanite..che consiglio a tutti!
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Un tuffo nella miseria del nostro tempo...
Beh che dire? Passato il primo disorientamento che mi ha provocato la lettura di questo libro che ho trovato avvincente e affascinante, passo ad esprimere le mie impressioni. L'autore ci regala un affresco colorito delle miserie del nostro tempo, situazioni che pur esasperate, dal suo sapido raccontare, si può riconoscere le icone in cui la società in cui viviamo è immersa come una farfalla colorata in una marea di fango maleodorante.
Ed ecco le sette sataniche, ridicolizzate perchè i loro adepti sono psicopatici o persone con gravi problemi esistenziali, gli scrittori con i loro vizi e le loro manie, i loro complessi di inferiorità, i vip con il gossip scandalistico che comunque serve a dare popolarità e attenzione dal pubblico. Le scene sessuali, invischiate in questo contesto, sono a mio avviso un po' volgari, ma forse volutamente rese tali perchè esprimono il vuoto interiore dei personaggi...
L'ironia dell'autore non ci risparmia niente e pone il suo sguardo impietoso anche dove noi preferiremmo non vedere e distogliamo il nostro con il tipico disgusto di persone perbeniste e benpensanti. In questa bolgia si introduce la festa che è poi il "clu" del libro, una festa che dovrebbe portare piacere e gioia e invece ci regala situazioni mefistofeliche di sangue e di morte.
Per le situazioni alquanto drammatiche e per il linguaggio in certi momenti scurrile e privo di tatto consiglio comunque questa lettura solamente agli adulti.
Per il resto, posso dire che dal momento che io l'ho trovato interessante, è adatto a un'utenza che comunque ha lo stomaco forte e non si turba per nessuna situazione.
Consigliato, pur con le riserve che ho espresso.
Saluti.
Ginseng666
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Che la festa cominci"
Un libro folle, avvincente dalla prima pagina, divertentissimo nel finale. Due storie opposte che si intrecciano nel più grande evento della "Roma bene" degli ultimi anni, dove Ammaniti sottolinea gli aspetti più raccapriccianti della Roma dei Vip, dove materialismo e apparenza sono i valori fondanti. Finale surreale, a sorpresa.
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grottesco e iperrealista
il libro si ispira al primo racconto contenuto in "fango",sempre di ammaniti,anzi, diciamo che ne è una versione riveduta e corretta dove il leit motif rimane sempre la critica alla società consumistica propinata dai media.i personaggi sono perlopiù buratttini privi di ideali che si muovono in una gabbia dorata, dove lo squallore la fa da padrone,ma che importa? per esserci bisogna apparire, spendere, possedere, accoppiarsi. non ci sono vincitri nè vinti , e il finale diventa una bolgia infernale dove però esiste ancora una possibilità di redenzione...
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Che la festa cominci
Buona l'idea generale del libro ma non mi sento di dire altrettanto della realizzazione.
La parte relativa ai personaggi della setta satanica la trovo una scelta commerciale, dal momento che è stato argomento di attualità non molto tempo fa ed è descritta per luoghi comuni, in maniera del tutto superficiale.
Bella l'idea di una grande festa a Villa Ada dove convogliano tutti i VIP : attori, scrittori, calciatori, veline e chi più ne ha più ne metta.
Ma è anche vero che è un mondo sul quale è facile sparare a zero, andando a pescare il peggio che la nostra società possa offrire riscuotendo facili consensi. Trovo sicuramente del vero in ciò che ironicamente l'autore descrive, ma tutto un po scontato.
Inutili le scene di sesso inserite fuori contesto, tanto per mettere un po di pepe nel racconto ma senza un fine nella trama.
E infine la storia, volutamente surreale, nella parte centrale sembra un film d'azione americano con avvenimenti esagerati e i nostri eroi che ce la fanno sempre per un pelo, un po stile "Die Hard" ma all'italiana.
L'unico personaggio che salvo è Bocchi, il chirurgo suo "amico". Un'ottima caricatura dalla quale escono, a mio avviso, le parti più divertenti e le migliori riflessioni del libro (bella quella relativa alle "figure di merda")
Insomma, trovo il libro un calderone di argomenti di attualità, gossip, luoghi comuni, che tutto sommato si lascia leggere, offre qualche buono spunto, strappa una risata ogni tanto, ma che in definitiva non mi ha convinto.
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Non so spiegarlo...
Proprio non so spiegarlo. Ho letto quasi tutto di Ammaniti, ma questo libro è stato l'unico che è si piacevolissimo da leggere (come ho gia' scritto, ha un modo splendido di scrivere), ma forse il lato farsesco delle situazioni descritte ha fatto perdere di incisività.
non è detto che uno scrittore debba sempre essere monotematico, o mono-stile, ma mi ha lasciata un po' perplessa sebbene le descrizioni così estremizzate di qualsiasi evento/persona volessero necessariamente colpire l'immaginario (che talvolta è meno reale del reale, vedi gheddafi in questi giorni a roma...)e portarci là dove siamo effettivamente proiettati: al ridicolo in ogni sua parte.
ciononostante, come ho detto prima, non mi ha lasciato l'impressione di un bel libro. piacevole, scorrevole, malinconicamente ironico, cinicamente reale, tragicamente odierno... forse il ridere di se stessi ci porta a trasporre la realtà in un modo decisamente lontano da noi. come se vedessimo un film che ci rappresenta in tutte le nostre parti ma noi non ci vogliamo riconoscere e ne prendiamo le distanze...
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Che la festa cominci
Raramente capita di imbattersi nella lettura di un libro così godibile, è veramente divertente, un ritratto di una società (la nostra) all'apice della sua decadenza. Emblematica la frase di uno dei personaggi VIP che dice "non esistono più le figure di merda", Già perché Ammaniti ci conduce all'interno di uno di quegli eventi veramente esclusivi dove "se sei lì o sei VIP o sei un cameriere", e con i VIP, non è stato sicuramente gentile.
L'intreccio è ben costruito e i personaggi sono ben costruiti, di ognuno di loro c'è una visione a 360°, infatti non si sa fino alla fine per chi tifare: scrittore o satanista?.
LEGGETELO!
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Esilarante
Non si può fare a meno di ridere dall'inizio alla fine!!
E' il terzo libro che leggo di Ammaniti e rispetto agli altri due questo ha un tono decisamente diverso, più leggero e terribilmente irriverente. Si prende gioco del mondo dei "vip" con un sarcasmo pungente e descrivendo delle situazioni davvero troppo divertenti.
Un libro molto piacevole...da leggere!!!
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geniale,reale ma..divertente
E' il primo libro di Niccolo' Ammaniti che leggo...ho trovato davvero geniale e diveretente il suo modo di ironizzare sui vizi e le poche virtu della societa',senza cinismo,perche' qualcuno ovviamente si salva...Nel cuore di Roma,nel palazzo Sasa' Chianti, viene organizzata una festa-evento mondano alla quale prenderano parte personaggi piu' in vista del momento ,atrici,veline,atricette,donne super rifatte,calciatori super arricchiti e via dicendo...tra questi uno dei protagonisti Fabrizio, giovane scrittore famoso ma mediocre,un personaggio "finto" che finge in ogni modo di mostrarsi quello che non e'...!!!in ogni senso!L'altro protagonista Saverio...infelicemente sposato.. con una donna sterile e nevrotica...la classica super rifatta dei nosrti giorni...per trovare un senso alla sua vita,Saverio,fonda una piccola setta satanica..Da un cero punta vista puo' infondere un certo sconforto rendendoci ben conto che siamo circondati da personaggi FINTI che cercano SOLO di apprarire e schiavi.loro stessi.di questi stereotipi. Ma ripeto,i personaggi i VERI esistono anche in questa storia...anche se, inervitabilmente, sono vitteme pure loro dei mali dei nostri giorni....leggete e vedrete!!!
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Catarsi desiderabile o vaneggiamento da psicofarm
Descrizione di una festa notturna orribile ed orrorifica organizzata da un "briatore-gaucci" pazzoide e sconsiderato per TUTTI i vip della Capitale che verranno (in gran parte) spazzati via da un'onda purificatrice.
Purtroppo (o per fortuna) i sopravvissuti non avranno imparato nulla dall'orrore e continueranno a riprodurre meschinerie, fatuità ed egoismo come se niente fosse.
Solo una cantante e una coppia di ragazzotti ne usciranno migliorati.
Chi ne ha approfittato per sparire regredirà ad una dimensione animale.
Spero che l'autore non fosse sotto psicofarmaci o droghe varie.
Il risultato ne verrebbe inficiato.
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Che la festa cominci.
Il nostro caro Niccolò ci ripropone il crescendo corale del "L'ultimo capodanno" a più di dieci anni di distanza. I ragazzi sono cresciuti, Cristiano, lo studente fuori corso, è diventato l'impiegato Saverio (l'unico personaggio che possa definirsi tale), ma l'inadeguatezza di trovarsi in questo mondo quasi per sbaglio è rimasta, eccome!
L'autore sposta la mira dal mondo dei Normali al serraglio dei Vip, ma non fa fuoco quasi mai (figuriamoci centro!), lasciandosi addosso personaggi sbiaditi e situazioni irrealmente incompiute, e ben diverse da quelle assurdamente reali a cui ci ha abituato.
Le idee erano buone, Niccolò, non so perchè tu abbia mancato l'occasione e non abbia osato di più!
Magari regalandoci una prospettiva nuova, e più cattiva, dei riccastri, degli arrivati, dei Vips, delle veline, della decadenza italica, perchè oramai la storia la conosciamo bene e rischi di non stupirci più differenza di come hai fatto in passato!
Forza!
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Impietoso
Impietoso ritratto della società moderna con tutti i suoi limiti ed i suoi eccessi.
Il sottile confine tra l'essere e l'apparire, tra successo e fallimento, l'effimera esistenza di chi ha costruito la sua vita sopra "travi ballerine" come cantava qualcuno anni fa, in alto si ma instabile e col rischio di crollare rovinosamente.
Un libro molto divertente ma è un riso amaro quello che ci strappa perchè anche le situazioni più assurde sono realistiche e tanti, troppi, personaggi partoriti dalla fantasia dell'autore hanno il loro inquietante doppio in carne ed ossa nella società di oggi .
Ammaniti è stralunato, a tratti volgare, irriverente ma soprattutto impietoso con i falsi miti ed i falsi ideali che siamo tanto bravi a criticare ma ai quali troppo spesso buttiamo un'occhio di invidia.
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Quasi troppo triste per essere divertente
Le situazioni sono molto comiche, ironiche, satiriche. Ma il riso mi si congela pensando che ci siano veramente troppe gente su questa pianeta che hanno tutto nella vita e pensano di avere niente. Che vedono tutto in una maniera strana (come lo scrittore). Che si trovano in situazioni insoportabili (come Mantos) di cui devono uscire. E poi succede vero che qualcuno non solo pensa ma prende un arma e uccide tante persone. Da un lato sembra che siamo molto vicino al grande successo (con un libro, un canzone, X-Factor, Grande Fratello, un sito nel Internet) ma siamo anche sempre troppo vicino a essere disoccupato, etc. Non ci basta più una vita normale. Un lavoro che paga le bolle, figli che crescono, etc. Pensiamo che ci volessi di più. E questo crea la insodisfazione.
Quindi il libro è divertente (al momento di Simon&Garfunkel anche a me è scapata un urlo di risata), una satira che finisce un pò come i libri di Stephan King, ma mi fa pensare anche molto.
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assurdo quanto illuminante
originale e completamente folle.
ironico, pungente, imprevedibile ma soprattutto divertente.
un libro che ti spoglia di tante sovrastrutture e ti rende libero di credere che forse c'è un altro modo di vedere le cose.
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per ridere un pò
sicuramente non è uno di quei libri che ti trasmettono chissà cosa..ma sicuramente è molto piacevole..non è uno di quei libri pesanti, anzi è ti fa fare quattro risate con delle scene assolutamente diverteni..
è un ottimo libro per chi ha voglia di leggere qualcosa di non impegnativo in qualsiasi momento della giornata, anche in metropolitana o durante un viaggio perchè no??
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un allenamento da non pubblicare
non mi è piaciuto, gli altri libri dello stesso autore sono di una forza e contenuti che poco hanno a che vedere con quest'ultima pubblicazione.
Anche a me ha dato l'impressione che gi restasse da "pagare la veranda" e che abbia deciso di pubblicare la prima fesseria che gli è venuta in mente, allungando oltretutto uno dei racconti già pubblicati.
Peccato, è evidente la capacità di saper scrivere ma qualche lettore starà più attento nel comprare il suo prossimo libro, fossi stata lui (e magari sapessi scrivere così!) non l'avrei pubblicato.
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Non è il migliore
Sicuramente è ad un livello più basso di "Come Dio comanda" e " Ti prendo e ti porto via",pure di Branchie,forse. In ogni caso è un libro veramente divertente, non tanto per la critica all'Italia che ci sta (qualcuno deve pur farla!!) ma per il linguaggio ironico tipio di Ammaniti. E' un grande, questo è sicuro, ed il finale , che sinceramente non mi aspettavo, ha migliorato ulteriormente il mio giudizio. Si è divertito, ha sparato un pò sul facile (il palazzinaro, i calciatori, se stesso) però rimane comunque un gran bel libro.
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Una cocente delusione
Ho letto tutto di Ammaniti, tutto e tutto d' un fiato. Per leggere quest' ultimo ho faticato, già le prime pagine non mi sono piaciute granchè e via via sempre peggio. L' ho abbandonato per diverse settimane e l' ho ripreso solo perchè curiosa di cosa si fosse potuto inventare per il finale. Brutto, mi dispiace, ho molto amato tutti i suoi lavori ma questo è una fatica, per chi lo legge e penso anche per lui che l' ha scritto.Spero vivamente che il prossimo lavoro sia semplicemente diverso.
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Ironico ed infine Malinconico.
Devo precisare che è stato il mio primo libro di Ammaniti.
Dopo questo racconto ho sentito la necissità di leggermi tutti gli altri.
Personalmente ho molto gradito questo libro, anche perchè oltre a ritrarre l'italia dei nostri tempi ..bla bla bla.. la componente più divertente è l'ironia che ci mette Ammaniti!
Inoltre io sono nato è cresciuto vicino Villa Ada, dove è ambientato il racconto ed ho molti ricordi felice di quel posto per questo mi sono sentito come da subito a casa.
Io lo consiglio. Fate voi!
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divertente
Non avevo mai letto nulla di Ammaniti (ma sono molto curiosa di leggere "come Dio comanda" e "Ti prendo e ti porto via")ma ho trovato il libro molto carino. Anzi, il termine corretto è divertente. Perchè i personaggi sono talmente strani da risultare molto divertenti, e la storia è così esagerata e ridicola che inevitabilmente strappa un sorriso al lettore. Ovviamente però, la vicenda è una chiara critica al mondo lussuoso, ricco ed esuberante dei famosi. Risulta molto scorrevole, lo stile è molto diretto.
Postilla:ho avuto il piacere di ascoltare dal vivo la lettura dell'inizio del libro, interpretato dallo stesso Ammaniti accompagnato da un'altra persona e devo dire che "recitato" il libro rende davvero molto!
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Che la festa cominci
Già dopo poche pagine la festa sembra già iniziata, è quella dello scanzonato mondo di Ammaniti, che tutti i suoi lettori conoscono. Questa volta i nuovi attori presenti in scena, i convitati, sono gli “infangati” vip. Solitamente le maschere surreali vengono appoggiate dall’autore sul volto di persone qualunque, ma qui si osa di più e si cade nel farsesco con scrittori, editori, veline e accozzaglia varia.
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che la festa cominci
Scusate ma... ne ho letto di min...te ma come questa mai! Un accrocchio senza senso, dentro c'è di tutto, il satanismo, la società becera, l'apocalisse, le catacombe, gli animali predatori, i borgatari, gli arricchiti. Una roba assurda! E poi, cosa di cui nessuno si è accorto è praticamente la fotocopia ingigantita di un romanzo precedente dello stesso scrittore: l'ultimo capodanno (un'altra boiata!)
MORALE DELLA FAVOLA?
Aridatemi i soldi del biglietto!!!
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strano caso...
Non avevo mai letto nulla di ammaniti e lo consideravo, per ciò che sentivo dire, uno dei migliori autori italiani.
Devo ammettere che scorrendo le righe del suo ultimo lavoro, non si fa certo fatica a comprendere...Il libro si può leggere tuto d'un fiato perchè lo stile ed il linguaggio aiuta la scorrevolezza.
A parte le molte parolacce, che non credo si addicano ad uno scrittore veramete importate e non credo nemmeno siano simbolo di maggior realismo, trovo che la storia veramente inutile.
Mi sembra quasi che, non sapendo più dove andare a finire, Ammaniti si sia inventato lo stupidissimo finale che ci ha regalato. Non voglio immaginare che si sia approcciato al suo nuovo romanzo, con in mente la conclusione a cui è arrivato!
Un voto al limite della sufficienza, solo perchè si legge comunque volentieri.
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Che la festa cominci di Niccolò Ammaniti
Un Ammaniti inedito per certi versi; toltasi la pesantezza di testi più grevi, si è lasciato scivolare una storia impazzita che ricorda certi musical degli anni ottanta dove tutto è esagerato e paradossale ( ma non troppo). La trama, in breve, è quella di un parvenu della peggior specie, Sasà Chiatti, un immobiliarista/palazzinaro, cafone quanto non basta e megalomane all’ennesima potenza, il quale organizza una super-mega festa a Roma, a Villa Ada, sua proprietà, ed invita “Tutti i nomi che contano” del rutilante mondo dei VIP. Ci sono proprio tutti, politici, attori e attoruncoli, artisti di svariati generi, calciatori, donne e donnine inconsistenti se non ornate di bellezza, per lo più rifatta, elefanti, tigri e quant’altro, insomma un campionario e una fauna umana, archetipi di una specie tanto stigmatizzata e, al contempo, corteggiata dai mass media perché spettacolarizza e sensazionalizza! C’è lo scrittore di successo, “Tu sei forte, tu sei bello, tu sei imbattibile, tu sei incorruttibile, tu sei un Cantautore”, Fabrizio Ciba, preoccupato solo del suo ego e dell’immagine che deve dare di sé. Ci sono le belve di Abaddon, una patetica setta satanica di Oriolo Romano, il cui leader Saverio Moneta cerca nel male un riscatto alla sua tapina e fantozziana vita. Una folla di personaggi affolla la scena narrativa, impazza in preda ad un’euforia lugubre da bolgia infernale, è una festa tragicomica, iperrealistica e sopra le righe dall’inizio alla fine. Un’umanità tronfia e ridicola, persa nel suo isterico vaneggiare, tesa ad inseguire e perseguire, spesso il nulla, cieca nel non vedere il precipizio che gli si para di fronte. Sono scene apocalittiche, in tono mondano, fatuo e satirico, quelle che si palesano davanti agli occhi dei lettori, dove tutto è esasperato fino al parossismo, la comicità graffia e irride. Sembrano tutti delle marionette senza umanità e sensibilità “Con il tempo, anche questa brutta esperienza sarebbe passata, avrebbe perso la sua drammaticità e l’avrebbe ricordata con un misto di divertimento e di rimpianto”, gli Umani si orientano come certi voltagabbana della politica e non. Critica feroce all’ex URSS, gli atleti sovietici partecipanti alle olimpiade del ’60 a Roma che preferiscono alla vita soffocante in Unione Sovietica quella altrettanto soffocante, ma libera delle catacombe: alla prigionia della mente, la libertà di scelta. Siamo una società, si spera una parte, alla deriva, travolti da quell’onda anomala, “ l’acqua della condotta esplose dal bacino ed aprì una voragine nella terra e sfondò la volta di tufo di una galleria che passava proprio sotto il lago, e cominciò a riempirla come fosse un’enorme tubazione”, che tracima e porta a galla senza una razionale selezione. Certo che siamo anni luce lontani dalla morale manzoniana della peste che amministra la giustizia separando i vizi dalle virtù; i confini tra il male e il bene non sono più tracciabili, tutto può essere accettato, importante che raccolga consensi e plausi pubblici. Il romanzo non è un pamphlet, Ammaniti non è un fustigatore delle storture e delle deviazioni di certa umanità, ma come gli artisti di razza, imbastisce una favola, ma rovesciata, non sono protagonisti gli animali umanizzati, bensì gli uomini animalizzati in tutta la loro ferinità. Dialoghi comici e battute mordaci contrappuntano uno stile attuale e carico di vena sardonica dove galleggia ciò che resta della nostra “Povera Patria” , gli avanzi di un pranzo o di una cena mal digerita.
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Che la festa cominci
" Era evidente che Satana avesse usato Gerry Scotti per comunicare con lui"...Assolutamente spassoso questo nuovo romanzo di Ammaniti, più divertente e leggero rispetto agli altri suoi lavori, nonostante l' autore riesca anche qui, tra una risata e l' altra, a far venire a galla il marcio, il frivolo e il lato brutto della società- bene tanto splendente e luccicante agli occhi dei "comuni mortali"... I protagonisti sono... spassosi! E' ancora il termine giusto!, si va dallo scrittore-latin lover con sindrome da foglio bianco al capo- setta con moglie aguzzina e suocero tiranno, ai personaggi di contorno che sono caricature esasperate (ma non troppo) di tanti volti che popolano tv e salotti altolocati, e la supermegafesta del palazzinaro Chiatti( chissà se vi ricorderà qualcuno in particolare?!?)è tanto pacchiana ed esagerata da poter quasi essere vera...Non mancano neanche le babbucce con monogrammi!! Insomma, ancora una volta complimenti ad Ammaniti, anche dismessi i toni gravi e le ambientazioni scomode che tanto bene racconta, sa farsi leggere con piacere e voglia di non chiudere mai il libro!!
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