Dettagli Recensione
Casi letterari
È la storia di Badra, una donna marocchina che, giovanissima, viene data in moglie a un uomo con più del doppio dei suoi anni che desidera soltanto avere figli. Dopo un lustro di sterile e schifoso matrimonio, salta su un treno e arriva fino a Tangeri, dove trova ospitalità presso una zia emancipata che, a suo tempo, ha già lasciato il marito nello stesso villaggio dell’interno. Nella grande città cosmopolita la protagonista troverà, per la prima e unica volta, anche l’amore, appassionato e sensuale come mai avrebbe immaginato potesse esistere. La riscoperta del suo corpo e della sessualità le permetterà di acquisire una nuova consapevolezza della propria individualità femminile.
Come recita la quarta di copertina, si tratta di un racconto erotico, addirittura molto spinto. Il titolo stesso è un riferimento sessuale che lascia poco spazio all’immaginazione. Il libro è scritto bene e si legge altrettanto bene, ma questo erotismo portato all’eccesso (l’autrice avrebbe potuto risparmiarci qualcosa), a mio parere, lo appesantisce e impoverisce nel contempo, togliendo spazio ad approfondimenti su tematiche socio-culturali legate nello specifico al contesto marocchino in cui si svolge la storia. Mi aspettavo infatti un po’ di più da questo romanzo, a partire dalle descrizioni della stessa Tangeri che rimane soltanto sullo sfondo, senza che la narrazione si addentri veramente tra i vicoli antichi della sua medina, così ricchi di Storia e storie, né si soffermi a lungo tra boulevard e café della città nuova.
Infine, qualche perplessità: perché l’editore parla di “caso letterario unico” che viola “la regola del silenzio sulla vita matrimoniale e sessuale delle donne arabe”, se la protagonista stessa si definisce espressamente berbera e non araba? Meglio sarebbe allora parlare di donne musulmane più in generale, evitando le solite equazioni forzate. E poi perché “caso letterario unico” che affronta lo scottante argomento del sesso? Mi tornano in mente i libri ormai datati di Jean Sasson sulla vita dietro le quinte (e dietro il velo, giusto per riprendere uno dei suoi titoli più noti) delle donne della famiglia reale saudita, libri nei quali non si taceva su temi quali matrimonio e sessualità, sebbene non fossero di genere erotico. Non ho ancora letto Fatima Mernissi, ma dubito possa essersi astenuta dal toccare identici argomenti quando scriveva dell’altra metà del cielo nell’Islam. Inoltre, se penso alla principessa arabo-andalusa Wallada e alle poetesse a lei contemporanee (si veda una delle mie precedenti recensioni: "Cammino orgogliosa per la mia strada "), allora ho la certezza che il medesimo antico tabù sia stato rotto, sfacciatamente e serenamente, già mille anni fa. E a noi, oggi, continuano a rifilarci come “casi letterari” storie di donne anzitutto maltrattate in nome di Allah e del suo Profeta e raffigurate in copertina rigorosamente velate perché ciò, con buona probabilità, fa aumentare le vendite; il tutto, magari, condito con abbondanti e piccanti retroscena sessuali. C’è spazio per tutto, per carità, ma a quanto pare non per le storie di ordinaria quotidianità, quelle senza eccessi né in un senso né in un altro che esistono persino all’ombra dei minareti delle moschee. Storie come possono essere quelle della impiegata di banca di Amman che cerca di conciliare lavoro e famiglia o della tessitrice berbera di tappeti che, in un remoto villaggio scendendo verso il deserto, decide di non sposarsi o, ancora, della casalinga di Marrakech che all’occorrenza mena il marito sbattendolo fuori di casa fino a nuovo ordine. Ne esistono di tal genere, ma queste, si sa, sono vicende che non fanno rumore e, se anche raccontate in qualche romanzo, chissà in quanti le leggerebbero.
Indicazioni utili
- sì
- no