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L'attesa del corpo...
Un titolo e una copertina terribili, respingenti, che non avrei degnato neanche di uno sguardo se non avessi saputo che, dentro, avrei trovato lei, la Ernaux, la sua scrittura, le sue parole lucide e precise.
Ancora una volta autobiografiche.
Annie Ernaux e la passione.
Un'ossessione per un uomo straniero, bellissimo e sposato.
E che non l'amava.
"Sin dal mese di settembre dello scorso anno, non ho fatto nient'altro che aspettare un uomo: che mi telefonasse e che venisse da me."
Non cerca di spiegarcela, la passione, non vuole risalire alle motivazioni di come nasce, nessun giudizio postumo e nessuna giustificazione.
Semplicemente ce la espone.
Non si tratta della cronaca di una relazione, non ci sono tanti riferimenti temporali, successione di avvenimenti...ma soltanto un'alternanza di vuoti e di pieni.
I vuoti dell'assenza, i pieni della presenza dell'altro.
Ci sono i "sempre", i "mai"...e le attese.
Quelle che consumano.
La dannata voglia di consacrarsi al pensiero dell'altro, rifiutando qualsiasi cosa possa distogliere da quelle sensazioni e da quegli scenari immaginari...quasi fosse un diritto.
Il cervello inizia a produrre immagini sempre identiche, pensieri già pensati, situazioni vissute e rivissute migliaia di volte (anche solo nella mente) che riescono a produrre un piacere quasi fisico, che però è anche dolore.
E, pian piano, anche i momenti di piacere veri, reali, sono destinati a diventare ricordi e quindi "futuro dolore".
Piacere e dolore si uniscono, si fondono, dando origine ad un tormento da cui si vorrebbe liberare, ma che, allo stesso tempo, è vitale, la riempie: se c'è qualcosa di peggio dell'attesa...è la certezza di non avere nulla da attendere.
Inizia a misurarere il tempo in modo diverso, attraverso il corpo.
Con la mancanza.
E quando quei giorni arriveranno, quelli in cui non aspetterà più niente e nessuno, proverà un malessere così interno, così profondo, che non riuscirà a strapparselo di dosso neanche a morsi.
Ma continuerà a vivere...utilizzando tutti i mezzi possibili.
La scrittura è uno di questi...e, a guardar bene, anche tutto ciò che le rimane.
Cercherà di dare un senso a quello che è stato, ma l'unico senso di una passione, se è davvero tale, è quello di non averne affatto.
Ecco come, in sole 70 pagine, la Ernaux ci parla di qualcosa su cui gli scrittori di tutti i tempi hanno già scritto in tutti i modi possibili, riuscendo ad essere comunque una voce intensa, diversa.
Lei riesce a mettersi a nudo pur mantenendo un certo distacco, che non è freddezza (per me), ma più che altro la capacità di raccontarsi uscendo fuori da se stessa, come guardandosi dall'esterno e donandoci tutto senza il filtro del pudore.