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Una tigre celata
«Una cosa però è vera, quando si riesce a parlare di trauma, vuol dire che si è già un po’ salvi. Ciò non significa che siano la parola o la letteratura a costituire la terapia. Al contrario, la scrittura può avvenire solo quando il lavoro, una parte del lavoro, è stato fatto, quel pezzetto di lavoro che consiste nell’uscire dal tunnel. […] Se si riesce a parlarne, scrive Virginia Woolf, è perché l’evento è staccato dalla sofferenza pura, che viene vissuta nella modalità dell’irreale.»
Neige Sinno, francese di origine e trapiantata in Messico, dona ai suoi lettori uno scritto forte e duro che nulla cela. “Triste tigre” diventa sin da subito un caso editoriale in Francia e in tanti altri paesi. Vince il Premio Strega Europeo 2024 e in 230 pagine di testo delinea la storia di una bambina che viene abusata dal patrigno sin dall’età di circa sette/nove anni e sino all’adolescenza.
Non è solo una testimonianza, ancor meno solo un memoir. È un testo che muove da frammenti autobiografici, di memorie, di ricordi, di riflessioni a posteriori, di riferimenti letterari e tante tante altre tematiche sottese.
È bene dire sin da subito che non si tratta di una lettura semplice e ancor meno è caratterizzata da una scrittura leggera. È un testo che mette a nudo e si mette a nudo, con tutte le sue caratteristiche più intime. Uno dei più grandi meriti di Sinno è quello di riuscire a trattare il tema in modo oggettivo, distaccato, ben focalizzato. Non cade mai nel vittimismo, parla sempre con cognizione di causa e giusta riflessione.
«Camminare come funamboli sul filo dei nostri destini. Inciampare, ma ancora una volta non cadere. Non cadere, non cadere.»
Ancora, l’opera di Neige Sinno non è una ricerca di giustizia personale. Al contrario, il suo è un tentativo per salvare e mettere in guardia altre persone che possono, per qualsivoglia motivo, trovarsi nella stessa situazione.
Ed è questa la forza ennesima della letteratura, delle parole: riuscire a parlare del dolore, riuscire a sensibilizzare anche quando le tematiche trattate toccano aspetti di grande intensità e personalità, come i più piccoli, delicate.
Quale può essere la cura per far fronte al male? Come combatterlo? Come vincerlo? Come comportarsi davanti a un dolore indescrivibile? Probabilmente rispondendo al male con il bene, con la dolcezza, con la voglia e il coraggio di ricominciare e andare avanti una volta per tutte.
“Triste tigre” è un messaggio corale in cui i confini tra vittima e carnefice sono labili e associati alla propria unicità. Non vi è un verdetto finale, vi è al contrario il desiderio di trovare un modus operandi per ripartire, muoversi, agire. Ricominciare davvero dopo un mondo che è crollato in pezzi.
«Io ho voluto crederci, ho voluto sognare che il regno della letteratura mi avrebbe accolta come una delle tante orfane che vi trovano rifugio, ma neppure attraverso l’arte si può uscire vincitori dall’abiezione. La letteratura non mi ha salvata. Io non sono salva. […] L’importante non è ciò che hanno fatto di noi, ma quel che facciamo noi stessi di ciò che hanno fatto di noi.»
E noi vogliamo crederci con te, Neige. Vogliamo credere che ci sia un rifugio, che l’arte possa salvare, che la letteratura salvi. Anche se forse non saremo salvi nell’oggi, anche e forse siamo tutti un po’ orfani, anche se forse la letteratura non ci salverà, anche se forse la strada sarà un continuo di ricerca e crescita nei corpi che scorrono e vagano.