Dettagli Recensione
CENTRO DI GRAVITA’ IMPERMANENTE
Ho approcciato questo libro, con impressa nella memoria una vignetta che apparve anni fa su un noto quotidiano nazionale: Emmanuel Carrère seduto al bancone di un bar chiedeva al barman “dammi qualcosa di forte”.
La specialità dei libri di Carrère, in effetti, è rappresentata proprio dalle storie forti e Yoga, ad un primo sguardo, sembrava discostarsi da questo filone.
La mia predisposizione alla lettura ha così seguito il doppio binario della curiosità per la variazione sul tema e dell’aspettativa di una storia comunque a tinte forti. E dato che i binari sono rette parallele che non si incontrano mai, mi sono chiesta se alla fine avrebbe prevalso l’una (la variazione su un tema zen) o l’altra (la storia a tinte forti), ritenendo che le due tematiche non si potessero incontrare e accordare.
E invece, alla fine, mi sono dovuta ricredere almeno per ciò che concerne l’accordo. Perché sì, un’altra specialità di Carrère è quella di riuscire a fare sintesi tra le tante contraddizioni delle storie, delle idee, della vita, anche e soprattutto della sua.
Una sintesi, tuttavia, irrisolta, nel senso che non rappresenta una unità, una fusione di due poli contrapposti, bensì ha la forma di un pendolo che oscilla da un capo all’altro del proprio campo di azione, in uno stato di equilibrio stabilmente instabile che trova la propria summa nel disturbo bipolare che affligge l‘autore e che solo nella scrittura sembra trovare un centro di gravità permanente.
In tal senso, appaiono sintomatiche le tante definizioni congegnate attorno alla disciplina dello Yoga, ognuna con una sua verità originale e intrinseca e che pure Carrère nello scorrere del libro sembra tradire e scartare a una a una, come se nessuna di esse fosse mai quella assoluta, definitiva.
Emblematico, ad esempio, è lo stare qui e ora, che Carrère prima professa e poco dopo smentisce. Nel bel mezzo di un ritiro presso un centro di meditazione, difatti, il nostro d'un tratto leva le chiappe e corre a Parigi in soccorso a una sua amica colpita negli affetti dall’attentato terroristico a Charlie Hebdo. Da quel momento in poi, lo Yoga, seppur continui a innervare la narrazione, diviene meno pregnante e lascia il campo al divagare erratico della penna di Carrère e alla precarietà della sua condizione.
E così ci troviamo di fronte ad un continuo oscillare tra un intellettuale affermato, risolto, grato alla vita, e un uomo sull’orlo del baratro, in procinto di perdere tutto per puro spirito di auto sabotaggio. Uno scrittore sincero, disarmato e nudo di fronte al lettore, e altresì un personaggio un po’ costruito, che presta la propria storia all’utilità della narrazione.
Una storia a tinte forti, si sa, come non poteva essere altrimenti.
Commenti
1 risultati - visualizzati 1 - 1 |
Ordina
|
1 risultati - visualizzati 1 - 1 |
Dell'autore ho letto solo un libro ("Il Regno"), testo con argomento importante. Ma la scrittura e la traduzione mi son parse così sciatte, il livello di trattazione mi è sembrato assai superficiale e 80 pagine di nioso parlarsi addosso, che da allora non ho letto altro.
Che sia questo il libro per un riavvicinamento ?