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"Mia madre è priva di storia, c'è sempre stata".
Annie Ernaux annunzia la morte della madre, avvenuta il 7 aprile, in una casa di riposo dell’ospedale di Pontoise, dove era ricoverata, ormai ottantenne, per morbo di Alzheimer.
Così inizia, in modo scarno, il ricordo di una donna, madre, amica e nemica, guida e conforto, legame indissolubile con un mondo lontano ma sempre vivo e ben radicato nel cuore e nella mente dell’autrice. E’ un diario di un centinaio di pagine, la cronaca completa e volutamente minuziosa di una vita: con la consueta prosa essenziale e apparentemente fredda, la Ernaux, dopo aver descritto con lucida commozione i momenti del funerale e dell’inumazione, ripercorre anno dopo anno, la vita di sua madre, una donna di umili origini, dotata di una volontà ferrea e di un non comune coraggio. Dalla frequentazione della scuola fino a 12 anni al lavoro in una corderia, dove trova più avanti negli anni il futuro marito, con il quale rileva uno spaccio alimentare, che, faticando duramente, riesce a mandare avanti da sola, anche negli anni bui dell’occupazione tedesca. Non si scoraggia mai, si tinge i capelli, ci tiene ad apparire bella e ad emergere dal mondo da cui proviene, soprattutto per il bene della figlia e per cercare di darle quello che lei non aveva potuto avere: scuola ed educazione. Nascono i primi conflitti, Annie, adolescente, vuole la sua libertà, le schermaglie con la madre lasciano il segno: la ragazza cresce, la madre sembra non accettare il desiderio di indipendenza della figlia, le sue idee, l’allontanamento dalle pratiche religiose …
Gli eventi si susseguono: Annie si sposa, il padre muore di infarto, la madre resta sola. I rapporti si riallacciano, la famiglia di Annie ospita la madre in più periodi fino alla comparsa dei primi segni di demenza, si rende indispensabile il ricovero in ospedale, poi in casa di riposo fino alla morte.
Il pianto disperato della figlia fa capire che i conflitti sono sanati da tempo e che ritorna prepotente il rapporto che non è mai veramente venuto meno: un legame profondo, che, pur non trasparendo dalla dettagliata cronaca di una vita, sempre si intuisce, sta nascosto tra le righe quasi per pudore, per non mettersi troppo a nudo, per non rivelare sentimenti profondi inesprimibili in parole. Sentimenti che Guy de Maupassant aveva magistralmente espresso in queste poche righe: “ Si ama la propria madre quasi senza saperlo, perché è naturale come vivere, e avvertiamo la profondità delle radici di tale amore solo al momento della separazione finale”.
La Ernaux descrive e trasmette le vicende di un mondo che non c’è più e nel quale ha vissuto anche momenti felici: la morte della madre rompe, afferma l’autrice, il legame con il mondo da cui proviene e che ha visto madre e figlia l’una specchio dell’altra.
“… era lei a unire la donna che sono alla bambina che sono stata”.