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Gli anni
 
Gli anni 2022-11-02 17:27:11 cesare giardini
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4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
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4.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    02 Novembre, 2022
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Gli anni di una donna coraggiosa.

Finalmente un premio Nobel azzeccato, dopo le scelte discutibili degli ultimi anni. Annie Ernaux, forse non molto nota in Italia anche se non pochi sono i libri ormai tradotti, ha vinto diversi premi letterari, uno degli ultimi proprio in Italia, il premio Mondello (Sezione autore straniero, 2022). Molte sono le sue opere, la maggior parte di carattere autobiografico, tra cui la trilogia “Gli armadi vuoti”, “Ce qu’ils disent ou rien” e “La femme gelée”, 1974-1981 e “Il posto” del 1983, incentrato sul tradimento che prova l’autrice nell’aver abbandonato la classe dominata, l’operaia, per unirsi alla classe dominante. E poi c’è questo gioiello letterario, “Gli anni”, pubblicato nel 2008 da Gallimard e, in Italia, da L’Orma: non è un romanzo nel senso comune del termine e nemmeno una biografia algida e ordinata, ma una autobiografia appassionata e dolente, una storia della propria esistenza nel flusso plurale di altre esistenze e nelle vicende storiche della Francia, in un arco di tempo che va dal 1940, anno di nascita dell’autrice, agli albori del terzo millennio. La Ernaux, nata da famiglia modesta, laureata in legge, insegnante di lettere in un liceo di Rouen, ha una vita familiare piuttosto tormentata: due figli, abbandonata dal marito, un amante giovanissimo, simpatizzante di movimenti femministi e strenua sostenitrice dei diritti civili compreso il diritto all’aborto, scriverà il suo primo romanzo nel 1974, ritirandosi infine dall’insegnamento dopo il 2000 ed iniziando la stesura de “Gli anni”.
E’ una sorta di catalogo di quanto è successo nella sua vita, con continui riferimenti alla Storia francese, una narrazione che si può definire collettiva, una visione documentata e struggente dell’epoca in cui la Ernaux ha vissuto e che descrive citando avvenimenti, personaggi, vittorie e sconfitte, con partecipazione convinta e decisa, commentando tutto alla luce delle proprie idee politiche ben radicate e sofferte.
La narrazione inizia con una specie di catalogo dei primi ricordi, sbiaditi, di persone e di cose, dei primi turbamenti, dei primi anni del dopoguerra, della scuola con classi divise per sesso, della guerra d’Algeria che sembrava un buon intervento francese contro popolazioni ritenute barbare e pericolose. Annie cresce, si laurea, i primi agi le migliorano la vita, le nozze ed i figli sembrano dare un’impostazione nuova ai suoi rapporti con l’ambiente sociale, nonostante il ritorno malaugurato in politica di un De Gaulle invecchiato e sbeffeggiato, ma ecco il Sessantotto: la liberazione da ogni tabù, l’uguaglianza, la libertà di leggere e scrivere si impongono, la vita sembra cambiare, si accavallano troppi avvenimenti, la destra e la sinistra si scontrano mentre l’immigrazione permea le periferie delle città, di Parigi in particolare. Le donne fanno finalmente sentire la loro voce e le loro proteste, Annie è una tenace seguace del diritto all’aborto e rivendica i diritti conquistati. C’è una foto ingiallita che la ritrae negli anni ’80: la mamma è morta, il marito l’ha lasciata, i figli ormai lontani. Lei è sola, mentre avvenimenti internazionali importanti sono alle porte: la caduta del muro di Berlino, l’invasione dei tedeschi dell’Est, la guerra del Golfo, Eltsin che prende il potere, gli immigrati che, da ricchezza, diventano un problema per il numero sovrabbondante e le difficoltà di integrazione, la paura dell’AIDS che limita la libertà sessuale e la rende quasi impraticabile per paura del contagio. I Presidenti francesi si succedono, il consumismo impera sovrano, cellulari e PC non sembrano portare maggior benessere e soprattutto felicità (si stava meglio prima?). Una foto del ’99 mostra una Annie con i primi segni di vecchiaia, i figli, la compagna di uno di loro. L’autrice è sempre battagliera: sognava un altro mondo, non l’attuale (siamo agli inizi del 2000) dominato dagli Americani e dalla loro arroganza, “conquistatori senza ideali, oltre ai dollari ed al petrolio”. La vita è sempre precaria, i figli sono laureati, ma con lavori saltuari e supplenze; intanto cadono le Torri Gemelle, Putin sostituisce Eltsin, il mondo islamico comincia a modernizzarsi ed a far paura, mentre la Cina incute preoccupazione puntando tutto sull’economia e invadendo il mondo con merce a basso costo. Il consumismo è sempre più sfrenato, nuovi prodotti tecnologicamente avanzati invadono il mercato, i centri commerciali sono invasi da gente affamata di novità. La Ernaux, ormai pensionata, proprio quando Chirac prende il potere scongiurando il pericolo di un Le Pen alla guida del paese, inizia a preparare il suo nuovo libro (“Gli anni”), raccogliendo memorie ed appunti.
Quanto esposto è solo una rapida, incompleta carrellata sui più importanti temi trattati dall’autrice. Nella narrazione, la Ernaux si pone domande, riflette su tutto e tutti, compresa la religione cattolica: pur riconoscendone la supremazia morale sulle altre, ne sottolinea il declino con l’avvento della libertà sessuale, che contribuisce ad annullare la principale sfera d’influenza della chiesa, cioè sesso e relativi peccati. Ci parla anche delle sue storie d’amore, una in particolare con un uomo molto più giovane di lei (gli dedicherà anche un romanzo, “Il ragazzo”, 1983): è una donna che ha molto amato, senza inibizioni né tabù, illudendosi di raggiungere una felicità appagante, e che ha lottato con tenacia per difendere le conquiste delle donne ed i diritti civili, illudendosi di dare un contributo alla costruzione di un mondo nuovo, diverso da quello in cui ha vissuto. E’ comunque consapevole che la vita è degna di essere vissuta, pur con delusioni e rimpianti, nella disamina struggente della sua epoca, quasi fosse una “rivincita contro la morte e quel nulla in cui precipitano tutte le cose”. Il “nulla” non la spaventa, nella convinzione di aver lasciato un’impronta sia pur piccola su tutto: sulle piccole cose, sulle persone, sul flusso stesso della Storia. Vorremmo infatti tutti salvare dal tempo la nostra vita perché, come commenta il poeta Guido Mazzoni, “la accogliamo come se fosse solo nostra, tutto ciò che abbiamo, ma non è così”.
Anche di questo è consapevole la Ernaux, quando afferma che “la vita è una scala in salita…che si perde nella nebbia”. Resteremo solo nei ricordi, sempre più sbiaditi, di chi verrà dopo di noi, e poi, con tutto quello che ci ha accompagnato, scompariremo per sempre, “nella massa anonima di una generazione lontana”. Alla stesura del libro che si accinge a scrivere, la scrittrice affida la speranza di “salvare qualcosa del tempo in cui non saremo più”.
Lo stile narrativo di Annie Ernaux è impeccabile, raffinato, rigoroso, apparentemente privo di coinvolgimenti emotivi e nello stesso tempo affascinante: è uno stile che scava fino all’osso, essenziale, privo di banalità, tanto da poter includere l’autrice tra le maggiori e più originali scrittrici francesi contemporanee, degna di appartenere, secondo il saggista Pierre Bras dell’Università La Sorbona di Parigi, a quel piccolo gruppo che ha il passo dei classici.

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Altri libri di Annie Ernaux, soprattutto "Il posto" e "Il ragazzo".
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