Dettagli Recensione
Traumatica “liberazione”
“Che la clandestinità in cui ho vissuto quest’esperienza dell’aborto appartenga al passato non mi sembra un motivo valido per lasciarla sepolta. (…) Ciò che è accaduto resta coperto dallo stesso silenzio di prima. È proprio perché nessun divieto pesa più sull’aborto che, mettendo da parte la percezione collettiva e le formule necessariamente semplificate imposte dalle battaglie degli anni Settanta – «violenza sulle donne» eccetera –, io posso affrontare, in tutta la sua realtà, questo evento indimenticabile”.
Un libro breve, ma intenso come l’esperienza che la Ernaux ha vissuto quando, da promettente studentessa di letteratura francese, ha dovuto imbattersi nell’aborto clandestino. Ora che il diritto riconosciuto alle donne di interrompere la gravidanza e di decidere sul proprio corpo è diffuso quasi in tutto il mondo occidentale, la scrittrice alle soglie degli anni Duemila ha sentito l’urgenza di scrivere, di rendere pubblico, di esporre al mondo intero quello che ha vissuto sulla propria pelle, un “evento” che per ogni donna, desiderosa o meno di diventare madre, rimane un trauma, una ferita che marchia l’animo col fuoco, in maniera indelebile.
Un evento indimenticabile.
L’evento per eccellenza che segna la vita di una donna.
L’evento della vita e della morte insieme, qualcosa di terribile, eppure tutto umano, tutto femminile.
“…un’esperienza totale”.
Con la sua penna cristallina, sofisticata, ma che sa aprire dei varchi col bisturi nell’animo del lettore, profondamente sincera, a volte anche cruda, la scrittrice, sempre attenta alle tematiche femminili, tiene incollati alle pagine fino alla fine del libro.
È una storia che fa riflettere, che rappresenta l’esperienza di tante ragazze e tante donne che, di fronte ai timori dei medici ed alla legge, hanno trovato la salvezza (troppo spesso anche la morte) recandosi da “fabbricanti di angeli”, o da “cucchiai d’oro”: appellativi per indicare questi medici e queste levatrici “non ufficiali” che clandestinamente, talvolta senza la minima precauzione igienica, “liberavano” la ragazza o la donna dalla gravidanza indesiderata.
La lettura è interessante per la testimonianza dei valori e delle ipocrisie della Francia, ma non solo, dei primi anni Sessanta: la condizione di essere incinta era un marchio che mostrava la patente di disponibilità sessuale agli occhi dei ragazzi. La Ernaux ovviamente aveva nascosto il suo segreto ai genitori e alla maggior parte dei suoi conoscenti, rivolgendosi a persone dalle quali avrebbe potuto sperare un aiuto.
È assente ogni forma di tenerezza, la protagonista non ha un attimo di esitazione, farebbe qualsiasi cosa pur di liberarsi di quello che potrebbe diventare un “fardello” insopportabile, non una parola di pentimento quando getta nella tazza del wc quel feto, quel bambolotto, praticamente già formato, opera della natura del suo corpo.
Al di là di ogni moralismo, di ogni principio etico, “L’evento” viene elaborato positivamente dalla scrittrice negli anni, perché le ha permesso di diventare una donna più consapevole della maternità
“Per anni, la notte tra il 20 e il 21 gennaio è stata un anniversario. Oggi so che avevo bisogno di quella prova e di quel sacrificio per desiderare di avere figli. Per accettare la violenza della riproduzione nel mio corpo e diventare a mia volta luogo di passaggio delle generazioni”.
Cinque stelle