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Recensione
Nel romanzo, autobiografico, l’autrice Tara Westover racconta la propria storia. Nata in una famiglia di mormoni tra le montagne dell’Idaho, Tara non viene registrata all’anagrafe, non va a scuola e riceve un’istruzione molto approssimativa. Non ha mai visto un dottore, vive preparando barattoli di pesche sciroppate e provviste varie in attesa di una fine del mondo che non arriverà quando previsto e non arriverà ovviamente mai. Eppure, convinta e psicologicamente soggiogata dal padre, dorme sempre con il sacco pronto per scappare accanto al letto in caso di sorprese. Lavora sin da piccola nella discarica del padre, uomo fanatico, affetto da disturbo bipolare e manipolatore della psicologia dei figli e della moglie, vero padre padrone della storia, sottoponendosi a lavori di fatica e molto pericolosi. La madre, completamente sottomessa al marito, fa la levatrice (non andando mai in ospedale i bambini nascono in casa, anche nei casi più a rischio) e prepara intrugli con le erbe usati a scopo curativo (le medicine sono bandite, si muore, piuttosto, se questa è la volontà di Dio). Tutto ciò che è normale, nella loro famiglia è opera del diavolo ed occorre tenersene lontani.
Tara vive violenze fisiche e psicologiche da parte del fratello Shawn, sempre negate dai genitori, che la spingono a crederle frutto della sua immaginazione.
Ciò che però è peggio nell’assurda realtà che Tara si trova a vivere, è la completa negazione di se stessa che il padre opera su di lei, rendendo i legittimi desideri e stimoli di una bambina e poi ragazza una colpa. Tara vive quindi sentendosi sporca, sbagliata, “puttana” come le dice il fratello. Qualsiasi tentativo di liberarsi dal giogo familiare sarà quindi vissuto da Tara come colpa sua personale.
Quando uno dei fratelli si allontana dalla famiglia decidendo di studiare, quella che era una curiosità per un possibile diverso modo di vivere inizia a farsi strada. Tara quindi supera l’esame di ammissione al college ed inizia il suo difficile percorso di emancipazione dalla famiglia. Certo è difficile il college per Tara che non è mai andata a scuola e ignora per esempio anche la parola e gli avvenimenti dell’Olocausto. Eppure studia, legge, impara e supera le difficoltà che trova di fronte a sé con testardaggine mantenendosi grazie alle continue borse di studio che vince. E continua a negare con compagni ed amici la sua realtà familiare, sempre accuratamente nascosta. Naturalmente non riesce ad instaurare neanche relazioni di coppia.
Fino all’ultimo, quando lei starà ormai scrivendo la tesi di dottorato a Cambridge e poi ad Harward, il padre tenterà di riportarla sulla strada della religione. Per Tara ogni ritorno a casa per le feste diviene un ritorno al passato dal quale fatica a staccarsi. Fino a che non capirà che diventare ciò che desidera e che si è costruita con tanta fatica, poter davvero pensare e decidere da sola, costruirsi una sua visione del mondo, per liberarsi dal giogo familiare e da quel modo di pensare insomma, dovrà staccarsene completamente, dovrà scavare un solco tra se stessa e la famiglia che ormai la rifiuta. Il percorso è doloroso ma necessario.
L’autrice racconta la propria storia senza indulgere a pietismi, narrando le fatiche di bambina ma anche il coraggio che si è sempre data in qualsiasi circostanza, anche la più difficile, anche quando aveva davvero paura. Le vicende familiari non prevedevano che si potesse avere paura, che ci si potesse rifiutare di fare ciò che il padre voleva per i figli. E spiega anche come per tanti anni sia stata combattuta tra le due realtà: quella normale, che si trovava a vivere al college, con amici normali che facevano cose normali, e la famiglia che costituiva una calamita alla quale era difficile resistere, perché lì si cerca l’amore dei genitori e di chi dovrebbe volerci bene.
Tara racconta con sincerità i dubbi e il suo sentirsi in colpa per esempio quando, in occasione di un mal d’orecchie, le è stato posto di fronte da un amico un banalissimo antidolorifico. E i tentativi di capire dove fosse finito quel male quando dopo mezz’ora è passato. Opera del diavolo, sicuramente, e sua immensa colpa l’averlo preso. Però quanto si stava meglio senza dolore!
L’educazione è un romanzo di formazione che si legge d’un fiato non senza soffrire con Tara, felici ogni volta dei suoi passi avanti nel suo percorso di emancipazione. Una donna fortissima che ha saputo liberarsi dal giogo di estremismo familiare e si è costruita come ha desiderato tra mille difficoltà. Impossibile non immedesimarsi e parteggiare per lei e la sua crescita.
Lo stile sempre diretto, senza fronzoli, sincero e introspettivo se serve ma senza indulgere a sentimentalismi lo rendono ben equilibrato, appassionante e coinvolgente. Una realtà che si fatica a credere vera e che è invece molto vicina a noi.
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