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Quello che so di mio padre
In questo libro Murakami condivide con il lettore alcuni ricordi. Il primo è quello quasi magico del tentativo di abbandono di un gatto su una spiaggia lontanissima da casa. Padre e figlio lo ritrovano magicamente a casa al loro ritorno. Il ricordo è catartico per il padre che ha vissuto un'esperienza di abbandono simile a quella del gatto, anche lui è tornato a casa, per cui da quel momento decide di non liberarsi più del gatto. Poi ci sono i ricordi imperfetti e imprecisi dell'esperienza di guerra del padre e della sua mancata carriera universitaria e letteraria. Il padre vorrebbe che fosse il figlio a portare avanti gli studi, invece Murakami non ne ha nessuna voglia nè predisposizione. Il padre deluso dai suoi modesti risultati scolastici si allontana dal figlio. Ma per diventare scrittore non occorre intelligenza e studio, ma intuizione e libertà di spirito. Per cui inaspettatamente Murakami riesce a sfondare nella letteratura, ma troppo tardi per il suo rapporto con il padre. Termina il romanzo il racconto di altro gatto, che si è arrampicato tanto in alto su un altissimo pino, da non riuscire più a scendere. Non so se quest'ultimo gatto rappresenti Murakami stesso che con la sua fulminante carriera è andato tanto in alto e non si sa più che ne sarà di lui, non si sa se riuscirà a riportare i piedi a terra o se morirà lassù.
Dalle tante casualità della vita Murakami deduce che siamo come gocce di pioggia ognuna con la sua individualità ma non indispensabili e in balia del caso.
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