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Vivere un senso insensato
Il viaggio di Emmanuel Carrere al ritmo di una vita mossa da presente e ricordi, euforia, depressione, perdite, amori, ritorni, tutto quello che da sempre lo ha definito alla ricerca di un senso per accedere all’ altro, un equilibrio precario, idea e solco lungo il cammino della propria esistenza.
Il racconto, secondo quanto ci dice l’autore, era stato pensato come testo sullo “ yoga “, una rappresentazione della meditazione come stile di vita, sviscerandone aspetti e contenuti.
Nel cammino della sua creazione lo scritto diviene creatura pulsante, plasmandosi e trasformandosi in un percorso interiore tra presente e ricordi, sbalzi temporali e flussi emozionali per tracciare un bilancio, prendendo i propri pensieri per quello che sono.
Una domanda incombe, quale relazione tra meditazione e scrittura, dieci giorni di ritiro monacale (uno stage di Vipassana tra zafu e thai chi) per osservarsi dentro, l’ inizio di un cammino diverso.
C’è una contraddizione evidente tra il narcisismo autoreferenziale dello scrittore e la pratica meditativa, rivolta all’altro, non giudicante, entrambe in fondo si prefiggono la stessa cosa, comprendere meglio l’attività mentale.
Carrere ha vissuto lunghi periodi di creatività alternati a inattività, benessere a depressione, da molti anni ha imboccato la via della meditazione e dello yoga, convertito a una ricerca interiore che stabilizzasse la propria vita. Nella immobilità apparente della meditazione tutto cambia, i pensieri, la postura, la respirazione, emozioni e sensazioni si affacciano alla coscienza fino a che è la vita a cambiare, distaccandosi un poco dal se’.
Amore, yoga, scrittura, meditazione sono i cardini che lo accompagneranno fino alla morte in una vita che si rivela, al contrario di quello che si potrebbe pensare, così esposta alla fragilità.
Carrere crede ai sacri principi dell’ alternanza tra opposti ( yang e yin ) ma rimane uno scrittore pieno di dubbi, ossessionato dall’ idea della propria grandezza, che ricerca nella vita e nella meditazione il modo di essere una persona migliore e quindi uno scrittore migliore.
In lui resta un ineluttabile senso di autodistruzione, presente e definente, un senso catastrofico che credeva guarito e che è scaturito dal se’, quell’ io frammentato e diviso che stenta a raggiungere l’ unità a cui tende lo yoga .
E allora dubbi incombono mentre le stagioni della vita annunciano perdite incalcolabili, si cerca una ricostruzione possibile in un lungo viaggio a stretto contatto con giovani vite strappate alla normalità, si incontrano altre storie che aiutano a vivere.
È dopo un lungo cammino che la vita risorge nella propria bellezza, oltre la meditazione e lo yoga, dentro se’ stessa, nel cuore di una scrittura ritrovata, nello sguardo d’ amore rivolto a una donna.
“ Yoga “ non è un romanzo, unisce e rimanda prolungati tratti autobiografici a un approccio teorico e olistico su yoga e meditazione, vita e filosofia, pervaso da un’ ossimorica presenza, un tono scherzoso e sorprendente tra pensieri cupi e solitudine autoimposta.
Un testo che fa riflettere sulla propria essenza, sulla strada intrapresa, sul reale senso delle cose, sul male di vivere, sulla connessione tra mondi apparentemente diversi, sulla scrittura, uniti dalla vivida intelligenza e da un senso che vorrebbe tralasciare un eccesso di teoria asfittica e poco includente così come una razionalità all’eccesso, travolti dalla vita in un semplice gesto, abbandonati al piacere e al giusto equilibrio di uno sguardo perso nell’oggi negli occhi innamorati di chi è “... pienamente felice di essere vivo...”
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Grazie della segnalazione, ho un debole per ambientazioni in monasteri buddhisti, la meditazione, il thai chi ecc. ecc.
Lo leggerò.